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giovedì 28 agosto 2014

L'antico edificio (templare?) di Santa Croce

Al centro del villaggio di Santa Croce, adiacente all’abside della chiesa parrocchiale, si trova un singolare edificio a pianta quadrata, costruito in massicci conci di pietra ben squadrati.


Si tratta dell'antica scuola parrocchiale, e sembra risalire alla fine del XV sec.; o perlomeno così indica la data MCCCC89 incisa su un'architrave:

L'architrave.
Il significato della prima riga non è mai stato decifrato.
Nella seconda riga: "Hoc opus magister Georgyius fecit"
Infine, la terza riga, probabilmente incisa in epoca successiva alle prime due, con la data "MCCCC89"
All'altra estremità dell'architrave, è inciso un rosone a 16 raggi
Altre incisioni sono distribuite su vari punti della facciata:







Sull'altra facciata, un'edicola sacra circondata da un cordoncino decorativo e dal bassorilievo di un volto:



Prima di addentrarci nella storia di questa costruzione, soffermiamoci per un attimo di doverosa deplorazione: per come è stato nel corso del tempo rovinato da lavori di impiantistica effettuati senza il minimo rispetto del suo pregio e della sua storia. E ciò è avvenuto non nel corso di secoli, ma degli ultimi decenni, dopo che l'edificio è sopravvissuto per quattrocento anni, sostanzialmente integro dal punto di vista architettonico.

Questo strano edificio, con i suoi ancor più singolari bassorilievi dal sapore neanche tanto vagamente esoterico, hanno fatto favoleggiare a proposito di una presenza dei Cavalieri Templari a Santa Croce, e precisamente di una "mansiones" o "hospitalia", una sorta di "punto di sosta" per i pellegrini che, in  gran numero ed a distanze regolari, i Cavalieri del Tempio allestirono e curarono lungo le principali vie del pellegrinaggio verso la Terrasanta.
Infatti ai simboli zoomorfi, è associata una conchiglia di S. Giacomo e un bordone, inequivocabili simboli di pellegrinaggio; ma anche l'immagine del cavallo, ancorché rovinata, ci rimanda alla simbologia templare.

L'ipotesi che sia stato costruito dai Templari tuttavia, per quanto suggestiva ed affascinante, non regge. L'ordine dei Cavalieri Templari fu infatti sciolto, su ordine del Re Filippo IV il Bello, il 13 settembre 1307: quindi, ben 182 anni prima della data "MCCCC89" incisa sull'architrave.

Quindi, i Cavalieri Templari non c'entrano?
Non proprio; anzi, escono dalla porta per rientrare dalla finestra.
Studiamo un attimo l'edificio: se osserviamo attentamente la tessitura del muro, riscontriamo delle macroscopiche incongruenze.


Ad esempio, una fila di conci ben squadrati e regolarissimi, si ritrova ad un certo punto disallineata, per adattarsi ad una fila sottostante di conci meno regolari.
Uno dei bassorilievi è visibilmente solo un frammento di un'immagine più grande:



Ed in genere, tutta la tecnica costruttiva dell'edificio (tutto sommato, abbastanza approssimativa) stride con la qualità dei conci, e la cura con cui sono stati squadrati. Ci ritroviamo insomma evidentemente di fronte ad un edificio costruito recuperando conci provenienti dalla demolizione di un altro edificio, più antico. (1)
Ed i bassorilievi, quindi, provenivano da quest'altro edificio, nel quale presumibilmente erano inquadrati con un senso più armonico e plausibile.

Quale poteva essere l'edificio originario?
Ed è qui che tornano in gioco i Cavalieri Templari: infatti a Grignano (proprio sottostante a Santa Croce, e da questa distante poche centinaia di metri) si trovavano la chiesa di Santa Maria e il Convento della Beata Vergine di Grignano; e la presenza dell'Ordine del Tempio a Grignano è quasi certa, avvalorata da atti del processo ma anche da documenti - oggi perduti, ma ancora nell'800 conservati negli archivi del Convento.
Nel 1338 il Convento apparteneva sicuramente all’ordine dei Benedettini, e dopo il 1349 fu fondata la Confraternita di Santa Maria di Grignano, collegata e mantenuta dalla Chiesa dei SS. Martiri di Trieste e da alcune ricche famiglie di Prosecco e Santa Croce.
Sappiamo inoltre che il convento fu oggetto di un'incursione turca nel 1471 e che, in seguito anche ad alcune pestilenze, il convento decadde ed i Benedettini progressivamente scomparvero, fino a che - nel XVI sec. - il convento di Grignano passò ai Minori di San Francesco.
Sappiamo inoltre che il villaggio di Santa Croce tra il 1466 e il 1471, in seguito a donazioni e vendite, passò dalla famiglia Pellegrini alle monache benedettine del monastero di S. Cipriano in Trieste.
Quindi, dopo il 1471 abbiamo a Santa croce una nuova proprietà (le monache benedettine di S. Cipriano) e, a poche centinaia di metri di distanza, il convento benedettino di Grignano, in decadenza e probabilmente danneggiato, o forse anche parzialmente distrutto, in seguito alle incursioni turchesche.
Nulla di più facile che le macerie di qualche costruzione di Grignano, danneggiata o comunque inutilizzata, siano state reimpiegate a Santa Croce per la costruzione di un nuovo edificio: si trattava, in definitiva, di proprietà entrambe del medesimo ordine.
Gli ottimi materiali quindi della antica scuola di Santa Croce proverrebbero da un più antico edificio di Grignano, costruito certamente con maggior sapienza: probabilmente un edificio di origine templare. Le nuove maestranze però non avevano l'abilità di quelle che, qualche secolo prima, avevano costruito l'edificio originale, squadrandone con sapienza i massicci conci: si limitarono a riutilizzare i materiali alla meno peggio, senza cimentarsi in lavori di squadratura ma adattando grossolanamente i materiali a disposizione, ed utilizzando pietre più piccole per allinearle, incastrarle e riempire le inevitabili cavità (una tecnica propria dell'architettura tradizionale carsica)

Forse l'edificio originale era proprio un "hospitalia", ovvero a ricovero per i pellegrini e viandanti; e forse anche l'edificio di Santa Croce, originariamente, era anch'esso destinato a "hospitalia": il flusso di pellegrini verso la Terrasanta continuò infatti a lungo, ben dopo la fine dell'Ordine Templare, e nella loro funzione di assistenza ai pellegrini i cavalieri del Tempio furono spesso sostituiti dai frati dell'ordine Benedettino.
Quindi, in definitiva, ci si ritroverebbe di fronte al trasferimento dell'Hospitalia da Grignano a Santa Croce, realizzato demolendo il vecchio edificio ed utilizzandone i materiali per la costruzione del nuovo.

Questo spiegherebbe anche il reimpiego di decorazioni legate simbolicamente al pellegrinaggio, oltre ad altre che, recuperate dall'edificio originale, probabilmente non furono neppure interpretate correttamente, e inserite a mero scopo decorativo nella nuova costruzione. Tuttavia queste decorazioni oggi, avulse dal loro contesto originale, e probabilmente monche e incomplete, hanno sicuramente perso il loro significato esoterico, rendendone quindi l'interpretazione molto difficile, se non del tutto impossibile.

Di ipotesi fino a qui ne abbiamo fatte tante, ma tutte verosimili e - almeno in parte - suffragate da documenti storici.
Nell'interpretazione dei simboli dobbiamo abbandonare il campo delle ipotesi, per affidarci a quello delle pure illazioni; e si tratta di discorsi che ci porterebbero lontano, ed a percorrere sentieri impervi.
Si tratta però di suggestioni affascinanti, alle quali è difficile resistere: e, peraltro, l'interpretazione dei simboli richiede che si lasci vibrare corde dimenticate del nostro animo, abbandonando i canoni della stretta razionalità per affidarsi ad un più generico ed universale "sentire".

Lasciatemi quindi qui proporre un semplice accostamento, tra uno dei simboli della Scuola di Santa Croce (forse non a caso monco e danneggiato) ed il più classico dei simboli templari:




Potrebbe questo frammento di bassorilievo essere una parte del famoso sigillo dei due cavalieri che dividono il medesimo cavallo (a simboleggiare sia l'ideale di povertà dell'Ordine, sia la dualità del ruolo di monaci e guerrieri dei Templari).
Ipotesi affascinante, suggestiva, ma sostanzialmente impossibile da provare...

Per chi si volesse cimentare in ricerche o anche semplici speculazioni, resta anche il mistero del significato dell'incisione della prima riga dell'architrave, mai interpretato:



mercoledì 25 dicembre 2013

L'incidente aereo sul "sentiero della Salvia"

Lungo il cosiddetto "Sentiero della Salvia", che porta da Santa Croce ad Aurisina correndo poco sopra la linea ferroviaria, si trova una lapide:


L'epigrafe è un po' laconica, e non fornisce molti indizi sull'evento commemorato:

Su questa roccia s'infransero le ali
dei piloti
Fiorano Ricco
Vittore Calzetta
27 marzo 1960
L'Aero Club Trieste a ricordo

La lapide ricorda un incidente capitato ad un piccolo aereo da turismo, uno Stinson L5 Sentinel (I-AEFR) (che non era propriamente un aereo da turismo, ma un aereo da ricognizione dell'USAF; tuttavia, per le sue caratteristiche e diffusione, all'epoca era comunemente usato come aereo da turismo).

Decollato dall'aereoporto di Merna, avrebbe dovuto sorvolare Miramare, per lanciare una corona in mare durante una cerimonia per commemorare l'anniversario della morte del Duca d'Aosta.

Tuttavia le condizioni meteo erano pessime, nella zona c'era una fitta nebbia, e dopo mezz'ora di volo l'aereo si schianto sulle rocce ove adesso è posta la lapide.
Al momento dello schianto, l'aereo stava seguendo una rotta in direzione nord: quindi, presumibilmente, dopo aver rinunciato a raggiungere Miramar, stava cercando di rientrare a Merna (o di raggiungere l'aeroporto di Prosecco).

Fiorano Ricco, nativo di Milano, aveva conseguito il brevetto di volo nel 1917 e lavorava a Trieste come dirigente in una ditta nel settore del caffè.
Vittore Calzetta era invece nato a Treviso, aveva conseguito il brevetto nel 1945 ed era impiegato come pilota collaudatore alla Lancia di Trieste.


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giovedì 6 settembre 2012

Contrada Foliauze

Contrada Foliauze” (detta anche “Contrada Foliavez” o “Contrada Foglia”) era un'area di terreno compreso tra Aurisina e Santa Croce.
E' un esempio molto interessante di come i toponimi siano cambiati nel corso del tempo, conservando una certa assonanza ma cambiando sensibilmente di grafia, anche in documenti tra di loro quasi contemporanei.
Il toponimo compare per la prima volta in un documento del 1459: “[…] vigna …. Aurisinis sive Foliauce” e successivamente, in documenti del '500, viene citata “Contrada Sclavonice detta Foliauci”, ma anche  “Contrada Folianiza” e “Contrada Folianaz”, mentre nel 1604 “Contrada Feliovetz” e nel 1610 “Contrada Fogliauze” e “Contrada Fogliouza”.
Il toponimo compare per l'ultima volta nel 1783, nella forma di “Contrada Foliavez”.
Era un'area di boschi di castagni e di vigne; dei castagni non è rimasta oggi più alcuna traccia (l'area nel XIX era ridotta ad una pietraia, e gli attuali boschi di pino nero sono il risultato della colossale opera di rimboschimento effettuata a cavallo tra XIX e XX sec.)

Il toponimo è scomparso, al pari dei castagni.
Stat rosa pristina nomine, nomina nuda tenemus.
ma in questo caso non c'è rimasto neppure il nome...

lunedì 7 maggio 2012

Seebataillon Triest: i marinai che combatterono sul Carso

Tra il 1914 ed il 1915, nel periodo precedente all'entrata in guerra dell'Italia, a Trieste si verificò una situazione quasi surreale.
Dopo la mobilitazione, nel luglio 1914, la “Brigata Trieste” venne in breve tempo dispiegata sul fronte russo; ciò lasciò del tutto sguarnita Trieste, che si ritrovò presidiata da undici (!!!) soldati di leva della difesa territoriale, e da una compagnia della Marina.
La situazione in Italia era però incerta: il confronto tra interventisti e neutralisti era acceso, e quindi il confine con l'Italia (nonchè tutta la costa dalmato-istriana) poteva rivelarsi un pericolosissimo punto debole, nel caso l'Italia fosse scesa in guerra.
L'ammiraglio Alfred von Koudelka, comandante del settore della Marina, ottenne fin dal settembre 1914 i rinforzi necessari ad imbastire la difesa necessaria: 300 uomini, 4 mitragliatrici e 4 cannoni da difesa costiera. Il distaccamento della Marina fu da quel momento chiamato  “battaglione da sbarco Trieste” (“Seebataillon Triest”, o anche "Seebaon Triest"), al comando del capitano di corvetta von Lang.
L'ammiraglio von Koudelka raccolse in seguito le proprie memorie nella autobiografia "Rotta su Trieste"; questo testo è ricco di dettagli ed episodi interessanti.
Nel gennaio 1915, su suggerimento del generale Chavanne, si decise di formare anche a Trieste un battaglione di fucilieri volontari, facendo ricorso ai giovani studenti cittadini. Nacque così l'”i.r. Corpo di giovani fucilieri di Trieste”, inquadrato come 3ª compagnia del “Seebataillon Triest”. Molti studenti triestini così, indossando l'uniforme della Marina, si salvarono dal tritacarne delle trincee della Galizia e, secondo la testimonianza di von Koudelka, “dimostrarono le loro buone qualità: erano intelligenti, ligi al dovere e coraggiosi. Operarono in modo eccellente, soprattutto come addetti alle trasmissioni ed ai servizi di collegamento. […] Un unico professore d'ispirazione ultratedesca, proveniente dalla scuola media formativa, creò dei problemi: egli non gradiva il fatto che gli studenti giungessero a scuola non solo in uniforme ma con tanto di fucile al fianco.
Via via che i rapporti con l'Italia precipitavano, von Koudelka ottenne sempre più truppe e dotazioni per presidiare il futuro secondo fronte; e la zona al suo comando fu estesa dalla costa (da Aurisina a Trieste), fino a Postumia ed al Quieto.
Dopo lo scoppio della guerra con l'Italia, che avvenne il 23 maggio 1915, le occasioni di combattimento per il “Seebataillon Triest” non mancarono, ma furono comunque episodiche: tutto sommato, il suo scopo principale era la difesa costiera, in funzione antisbarco, e per contrastare con duelli d'artiglieria le batterie italiane che sparavano da pontoni ancorati a Punta Sdobba; secondariamente, fungeva da riserva per le unità di fanteria al fronte, impegnate nelle estenuanti battaglie dell'Isonzo.
Curiosa la storia di un pezzo d'artiglieria da 12cm, requisito in Cina nel 1900 in occasione della rivolta dei boxers e che venne piazzato nella riserva di caccia di Duino (probabilmente in prossimità della grotta Fioravante).
Il 24 ottobre 1915 questo cannone da 120 duellò contro tre batterie pesanti italiane, dispiegate nelle lagune, mettendone una fuori uso e danneggiando gravemente una seconda.
Questa batteria d'artiglieria ebbe anche un episodio tragico.
Nel corso di un successivo bombardamento, il personale si ritirò nel rifugio. Le munizioni pronte per l'uso rimasero accatastate tra l'erba secca – purtroppo rivolti proprio verso il rifugio.
Una granata italiana diede fuoco all'erba, i proiettili esplosero e sterminarono quasi l'intera compagnia...
(E' possibile, se non addirittura probabile, che il rifugio di questa postazione fosse la Grotta Fioravante).

Sempre leggendo le memorie dell'ammiraglio von Koudelka, scopriamo che:

  • nel giugno 1915, sul monte Babca (Babiza), sul costone fra Aurisina e Santa Croce, fu installata una stazione di segnalazione (numerosi manufatti militari, costruiti con pietre a secco, sono tutt'oggi visibili sul crinale del monte Babiza). (pag. 204)
  • l'artiglieria italiana faceva grande uso di granate da 305; tuttavia, quando colpivano la roccia spesso non detonavano. I pionieri della Marina A.u. allora le disinnescavano recuperandone l'esplosivo, che poi veniva utilizzato per lo scavo di rifugi in caverna. (pag. 206)
  • sopra la cava orientale fu piazzata una batteria da 9 cm; successivamente, due cannoni a tiro rapido L/44 da 47mm furono piazzati sopra la cava occidentale.
I "marinai che combatterono sul Carso" erano ricordati da un particolare monumento, eretto a Sistiana, proprio in prossimità dell'attuale inizio del Sentiero Rilke. Per inciso, tutti i bunker e le piazzole d'artiglieria di cui si scorgono i resti lungo il sentiero Rilke, furono proprio presidiati da questo particolare corpo di "fanteria di marina".

Anche la loro uniforme era particolare: si trattava della stessa divisa della fanteria, color "feldgrau", ma con il berretto da marinaio... anch'esso color "feldgrau", anziché blu.
E perfino le armi utilizzate erano inusuali: avevano infatti in dotazione il fucile Steyr "Repetiergewehr M14", che poi non era altro che una versione del più comune Gewehr 98 destinata al mercato sudamericano (soprattutto Messico, Cile e Colombia). Allo scoppio della guerra la Steyr aveva a disposizione una grossa dotazione di tali fucili, pronti per l'esportazione, che furono immediatamente requisiti dall'esercito.
La differenza principale rispetto al Gewehr 98 consisteva nel calibro (7mm anziché 7.92mm), e ciò lo rendeva inadatto alla distribuzione alle truppe combattenti in prima linea, poiché avrebbe provocato troppi problemi di logistica. Si decise quindi di distribuirlo alle milizie territoriali e, di conseguenza, anche al Seebataillon Triest.

soldati del Seebatailon Triest (riconoscibili per il berretto da marinaio),
 in una postazione sovrastante Sistiana

soldati del Seebatailon Triest con il caratteristico fucile Steyr "Repetiergewehr M14

domenica 26 settembre 2010

Santa Croce, costiera, scoperte romane - 29 dicembre 1911

Vi propongo la trascrizione di un'altro foglio di appunti (probabilmente inediti) di Alberto Puschi, risalenti al 29 dicembre 1911:

A metà distanza tra la stazione di Grignano e la fermatina di S. Croce, sotto la linea della ferrata, ma più vicino alla riva del mare che non a questa, sul fondo n. cat. vecchio 2397, n. cat. nuovo 2121/1 e 2121/2, n. tav. 1128, detta Lahovez (?), ed anche terra di S. Michele, ed ora proprietà di Cristiano Cossutta abit. al n. 194 di S. Croce, dissodandosi il terreno per l'impianto di un vigneto furono scoperti dal Cossutta stesso gli avanzi di una fabbrica romana, consistenti in alcuni tratti di muri, di un canale intonacato di cemento e coperto di sfaldature d'arenaria, e molti rottami di laterizio, tra cui pezzi di grandi e grossi mattoni, ma diversi per colore e cocci di anfore e d'altri vasi. Trattasi di una villa rustica, che in seguito ai lavori campestri era già per l'addietro quasi interamente demolita in guisa che dei muri rimasti nessuno superava la linea dei fondamenti. La scoperta avvenne durante l'ottobre del 1911.
Questi terreni appartenevano in passato alla chiesa di Sgonico e da essa ebbero nell'uso del popolo il nome di terra di S. Michele. L'Opiglia eseguì due fotografie del sito. Il proprietario narra di maggiori scoperte che vi avrebbero fatto i suoi antenati.

L'Opiglia citato dovrebbe essere Pietro Opiglia, fotografo archivista del Civico Museo di Storia ed Arte.

Interessante il fatto che viene indicata con precisione sia la particella catastale che il numero tavolare del terreno dove venne fatta la scoperta; con una breve gita all'Ufficio Tavolare dovrebbe essere facilmente individuabile il terreno e la relativa cartografia.
In attesa delle indagini all'Ufficio Tavolare, accontentiamoci di indicare approssimativamente (anzi, MOLTO approssimativamente) la zona:


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lunedì 28 dicembre 2009

la vedetta Scipio Slataper



La vedetta Scipio Slataper si trova a Santa Croce, sulla vetta del monte San Primo, sul crinale.
Nei pressi, sorgeva già precedentemente alla vedetta una struttura (costituita da un tumulo di pietre) utilizzata per l'avvistamento dei branchi di tonni.

La struttura attuale fu eretta nel 1956, a cura del SE.L.A.D. (Sezione Lavoro Assistenza Disoccupati) del Genio Civile, un organismo creato nel secondo dopoguerra dal GMA. I disoccupati ottenevano un sussidio, ma dovevano contemporaneamente prestare la loro opera per lavori pubblici. In questo modo furono costruiti a Trieste strade, giardini, marciapiedi, chioschi alle fermate degli autobus... ed anche vedette.
Un meccanismo che oggi parrebbe curioso... ma che forse si farebbe bene a rispolverare.

Sulla terrazza è riportata la tradizionale rosa dei venti, con indicate le principali località visibili.


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Vi si giunge percorrendo il sentiero 1, che bisogna abbandonare poco dopo esser usciti dall'abitato per seguire la stradina asfaltata sulla destra che, in pochi minuti, conduce alla vedetta.


Nei pressi della vedetta si trova un punto trigonometrico dell'IGM, un po' malconcio...

giovedì 5 novembre 2009

Vedette del Carso triestino

Le Vedette sono delle caratteristiche costruzioni in muratura, sparse lungo il territorio della Provincia di Trieste, in punti particolarmente panoramici.

Da nord a sud, le vedette attualmente esistenti sono le seguenti:
  • Vedetta d’Italia - (Prosecco, sul ciglione soprastante la Strada Napoleonica, in prossimità di Monte Grisa)
    Con nome di "vedetta del Giubileo", fu costruita nei primi anni del '900 ed inaugurata nel 1908; fu realizzata dal Club Touristi Triestini, che la dedicò a Francesco Giuseppe in occasione del suo Giubileo dei 50 anni di regno. Era una torre in pietra carsica, alta 11 metri.
    Nel 1922, dopo la Prima Guerra Mondiale, passò alla Società Alpina delle Giulie che la ribattezzò "Vedetta Italia" o "Vedetta d'Italia".
    Fu poi demolita dall'esercito tedesco nel 1944 in quanto costituiva un pericoloso punto di riferimento.
    La vedetta attuale fu infine riedificata dalla Società Alpina delle Giulie nel secondo dopoguerra.
  • Vedetta Alice - (Padriciano, in prossimità dell’Area di Ricerca - m. 452 s.l.m.)
    Originariamente, la Vedetta Alice fu eretta nel 1897, tra il Valico di Trebiciano ed il Monte Calvo. Venne realizzata traslando la torre di un fontanone che si trovava in Piazza Dogana. Per la precisione, inaugurata il 29 giugno 1897, ed il nome di Alice le fu dato in onore della consorte del vicepresidente della società avvocato Giuseppe Luzzatto.
    Fu demolita nel 1915 dall'esercito austriaco.
    La nuova vedetta fu costruita sul Monte Calvo nel 1957 dall'Ente per il Turismo di Trieste.
  • Vedetta di San Lorenzo - (Val Rosandra, sopra la pista ciclabile ricavata dall’ex-ferrovia Trieste-Erpelle - m. 370 s.l.m.)
  • Vedetta di Moccò - (sull'omonimo colle, in prossimità delle rovine dell'antico castello di Moccò - m. 200 s.l.m.)
  • Vedetta di Crogole - (Val Rosandra, sul Monte Carso - m. 210 s.l.m.)

Un lungo sentiero, che attraversa tutta la provincia, è dedicato a Julius Kugy e tocca tutte le vedette.

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Sulla vetta del Monte San Leonardo vi è una vedetta, incompiuta: all'epoca della costruzione (anni '60), la zona era militarmente molto importante, tanto da esser costantemente presidiata dall'esercito. Il completamento della costruzione fu impedito quindi dalle autorità militari, in quanto avrebbe potuto costituire un pericoloso punto di riferimento per le artiglierie nemiche nel caso di un (allora non tanto) ipotetico conflitto.
Oggi, che questi problemi fortunatamente non sussistono più, si potrebbe anche completarla...

Molte vedette, dall'architettura anche pregevole, sono oggi scomparse. Ad esempio, la Vedetta Ortensia o Vedetta di Opicina - (Opicina, zona Obelisco) - costruita dall'Alpina delle Giulie nel 1890.
Un'altra vedetta, oggi sommersa dalle vegetazione, si trova in prossimità del Ferdinandeo.
Particolarmente pregevole, tra le vedette scomparse, la Vedetta del Giubileo (o Vecchia Vedetta Italia)

domenica 18 ottobre 2009

le colonne di Aurisina



Sulla strada provinciale, tra Aurisina e Santa Croce, si trovano due grandi colonne di marmo, sovrastate dall’Alabarda.
Le colonne furono erette in onore dell’imperatore Francesco I d’Austria, che il 30 aprile 1816 transitò per Aurisina, nel suo viaggio da Gorizia e diretto a Trieste.
Su una delle colonne era iscritta un’epigrafe, oggi scomparsa:
IMPERATORI.ET.REGI.F.I.
TERGESTE.DIE.XX.M.APRIL.
A.MDCCCXVI
ADVENTVRO
CIVITAS.SVAM.IN.EVM.DEVOTIONEM
TESTARE.ANHELANS
AD.TERRITORY.LIMEN
MONUMENTUM.ISTUD
POSTERIS.TAM.FAVSTVM.DIEM
ENARRATVRVM
POSVIT
(evidentemente, la visita dell’imperatore avvenne con dieci giorni di ritardo rispetto alla data prevista…)

Nel secondo dopoguerra, a cura dei militari alleati, una colonna fu spostata per permettere l’allargamento della strada.

Nel 2003 le alabarde sovrastanti le colonne furono restaurate a cura dei Civici Musei di Storia ed Arte di Trieste.

Pochi sanno che, poiché il confine tra i comuni di Trieste ed Aurisina corre lungo la strada provinciale, accade che la colonna di sinistra (per chi proviene da Santa Croce) appartiene al Comune di Trieste, mentre quella di destra appartiene invece al Comune di Duino Aurisina.

Il 18 dicembre 2006, in seguito ad un incidente stradale, venne abbattuta la colonna di sinistra (ovvero quella di proprietà del Comune di Trieste). Nei giorni successivi vi fu un tentativo di furto del “melone”, ovvero della grossa sfera di marmo che sovrastava la colonna rovinata, e che giaceva a terra assieme agli altri resti della colonna. La sfera di marmo fu però fortunatamente ritrovata poco distante, occultata sotto rami e foglie. Venne quindi recuperata con un mezzo della Protezione Civile di Duino Aurisina, e custodita fino al restauro, che si concluse appena nel settembre 2007.

Il colpo d’occhio delle due colonne è oggi rovinato da un lampione, infelicemente posizionato proprio a ridosso delle stesse.

Aggiornamento di gennaio 2010: è stato installato un nuovo impianto di lluminazione delle colonne, che le valorizza sensibilmente. Avvicinandosi di notte ad Aurisina lungo la strada provinciale, il colpo d'occhio è notevole...
(fonte: Il Piccolo 14/1/2010)

giovedì 29 gennaio 2009

il tesoro di Santa Croce

In "Storia cronografica di Trieste", compilata alla fine del '600 da Vincenzo Scussa, troviamo una notizia curiosa.
Il 23 giugno 1642 "un putto della villa di Santa Croce, territorio e giurisdizione di Trieste, nella strada che conduce a santo Giovanni di Duino, seguitando una fuina, che si nascose in un mucchio di sassi, scavando quelli, ritrovò un deposito di denari, che ascendevano a ducati trecento. Credevasi però fosse la somma maggiore, non detta dalli contadini parenti per paura non gli fossero levati. Il soldo era: scudi, ongari, zecchini, ducatoni e doble. Non sia meraviglia di questo soldo, poichè anni dieci incirca d'innanzi arrivò Galera da Venezia a Capodistria con soldo per pagare soldatesca, ed altri officianti benemeriti, dato il caso che in quella città si celebravano solenni nozze, alle quali venne invitato il sopracomito di galera, e tutti gli altri comandanti. Avvedutisi li galeotti senza superiorità, fatta congiura tra loro, si scostarono dal lido e liberatisi l'un l'altro da'ceppi, postisi al remo, sicuri che niuno li seguitasse, investirono in terra la galera di qua di Grignano nelle arene di santo Canciano, e caricatisi di soldi li galeotti, se ne fuggirono per la montagna, parte de'quali stanchi e deboli, asconderono il soldo per le vigne, che poi trovossi, e credesi il ritrovato dal putto, come sopra, esser stato danaro di questo numero riposto tra quella petraglia con animo, chi sa? chi può dire? di ritornar a levarlo"

sabato 17 gennaio 2009

cent'anni dopo





Esattamente un secolo separa queste due foto.
La prima è tratta dalla "Guida dei dintorni di Trieste" della Società Alpina delle Giulie, pubblicata nel 1909, la seconda è stata scattata oggi.
Si tratta dell'edificio della "Scuola Popolare" della Lega Nazionale; la "Guida" della SAG ci informa:

A chilometri 1 1/2 da Santa Croce, sulla sinistra della strada maestra che scende dolcemente verso Nabresina, sorge la bella scuola che venne aperta dalla Lega Nazionale nell'anno 1894, con due classi miste. Ad essa è annesso il giardino infantile, che accoglie un buon numero di bambini. L'edificio, di simpatica architettura, fu eretto su disegno dell'ing. Giorgio Polli di Trieste. Anche in questa come nelle altre scuole della Lega, i bambini durante l'inverno ricevono la refezione e le bambine vengono fornite del necessario per i lavori muliebri. Questa scuola gode, da parecchi anni, del diritto di pubblicità. Nell'edificio c'è anche la scuola professionale per gli scalpellini (serale e festiva), pure con diritto di pubblicità.

Più che sullo stato della manutenzione dell'edificio (su cui è meglio sorvolare...), voglio farvi notare il contorno circostante: oggidì vi è un bel bosco di pini, mentre un secolo fa l'ambiente era brullo e spoglio: si trattava della cosiddetta "landa carsica", un terreno destinato solo ad un magro pascolo.
Il bosco odierno è il risultato di una titanica operazione di rimboschimento, realizzata tra la seconda metà del XIX sec. ed i primi anni del XX; rimboschimento che fu effettuato non solo in questa zona, ma in tutto il territorio circostante Trieste.