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mercoledì 9 luglio 2014

La Caverna della Banda

In prossimità di Medeazza, a pochi metri dalla pista di servizio che fiancheggia il tracciato dell'oleodotto transalpino verso Pietrarossa, si trova una piccola cavità, dal suggestivo nome "Caverna della Banda" (6728/6280 VG).



E' una caverna piccola e di facile esplorazione, che si sviluppa per una quindicina di metri e di soli 4 metri di profondità; e come tante altre caverne della zona, nel corso della Prima Guerra Mondiale fu adattata a scopi militari, allargandone l'ingresso e costruendo all'interno un ripiano sostenuto da un muretto.

E' stata chiamata Caverna della Banda, perché si  crede che qui  durante la Prima Guerra Mondiale abbia trovato rifugio e successivamente la morte una intera banda reggimentale.
La cavità venne nuovamente alla luce durante gli scavi per l'oleodotto nel 1968. Secondo voci non verificate, vi furono rinvenuti i resti dei componenti la banda, con tanto di strumenti musicali; si ritenne l'ingresso fosse stato ostruito da un'esplosione che li aveva intrappolati, causandone la morte.
Resti e cimeli andarono irrispettosamente dispersi, lasciando quindi attorno a questo triste fatto un alone di leggenda.

Chissà se adesso, in occasione della ricorrenza del centenario della Prima Guerra Mondiale, ci sarà modo di recuperare inedite e dimenticate testimonianze, destinate a far luce su questo e su altri mille piccoli ma tragici fatti accaduti allora, ma destinati a non entrane nella "Storia" con la "S" maiuscola?
 

venerdì 22 febbraio 2013

sogno

Se hai fantasia e la mente pura, un organo dalle canne di ghiaccio in una cattedrale di roccia ti farà sentire una soave melodia. 

 

mercoledì 7 novembre 2012

Le grotte del Carso: tesori da svelare


La manifestazione “Le Grotte del Carso: tesori da svelare”, organizzata dalla Federazione Speleologica Triestina, con il contributo della Regione Friuli Venezia Giulia – Assessorato al Turismo, tesa alla promozione turistico-didattica, avrà luogo a Trieste, presso la sede del MIB School of Management (Palazzo del Ferdinandeo) ed aree adiacenti, in Largo Caduti di Nassiriya 1, nel periodo compreso fra giovedì 8 e domenica 11 novembre 2012. Scopo dell’iniziativa è quello di divulgare la speleologia e l’ambiente carsico in ogni suo aspetto ed è rivolto principalmente alle scuole di ogni ordine e grado del nostro territorio, ma anche ai gruppi sportivi, culturali ed alla cittadinanza, nonché agli speleologi di tutta Italia e d’oltre confine. 
La partecipazione è aperta a tutti i portatori d’interesse che operano nei settori della divulgazione speleologica e della didattica ambientale al fine di una più attenta e rispettosa gestione del patrimonio carsico. Nei giorni della manifestazione verranno organizzati:

  • Una tavola rotonda su presente e futuro della didattica speleologica
  • Escursioni speleologiche a tutti i livelli;
  • Mostre fotografiche riguardanti la didattica;
  • Proiezioni video e filamti in 3D inerenti le Grotte;
  • Dimostrazioni e prove delle tecniche di progressione su sola corda e simulazione.

“Le grotte del Carso, Tesori da svelare”

Speleologia, Scuole e Turismo
Tale evento vuole essere una vetrina proposta a tutti coloro che non conoscono la speleologia e che, inqualche modo, hanno la voglia e la curiosità di avvicinarsi a quel meraviglioso mondo delle grotte che fa parteintegrante del territorio così vicino a casa nostra. La stessa parola “Carso” ci suggerisce che lo studio delcarsismo e quindi della stessa speleologia ha avuto i suoi natali proprio nelle nostre terre.Lo scopo è di cercare di coinvolgere il più possibile tutti i partecipanti che potranno visionare proiezioni di immagini in 3D del Team “La Salle” che danno la magica sensazione di essere veramente all’interno di una grotta e di poter quasi toccare i meravigliosi gioielli in essa contenuti. Gli  amici  della  Federazione  Speleologica  Triestina  saranno  presenti  per  mostrare  ed  insegnare,  a chiunque ne fosse interessato, le tecniche che si usano per la progressione in sola corda e  scaletta superleggera sulla struttura che verrà allestita anche per la  “Gara di Risalita Speleo” a categorie che si svolgerà sabato pomeriggio e sarà aperta a tutti.

Ci sarà anche a disposizione “l’Anaconda”, una struttura di circa 60 metri di sviluppo per provare la sensazione di essere all’interno di una vera grotta con passaggi bassi, strettoie, ecc. E poi ancora esposizioni di foto, rilievi, materiali, il tutto all’interno di una tensostruttura di 300 mq allestita nell’adiacente Parco urbano Farneto.

Calendario della manifestazione:


Giovedì 8 novembre
– Ore 09.30 – apertura degli “info point natura” presso l’adiacente tensostruttura (parco urbano Farneto)
– Ore 09.30 – apertura delle mostre fotografiche nella nuova sala esposizioni del comprensorio del MIB
– Ore 09.30 – videoproiezione in 3D nel Salone Storico del Palazzo del Ferdinandeo
– Ore 09.30 – proiezioni video dell’archivio dell’Associazione Monte Analogo nelle sale multimediali
– Ore 09.30 – prove di risalita su corda speleologica per ragazzi e simulazione di passaggi in grotta
– Ore 11.00 – presentazione della manifestazione presso il Salone Storico dell’Assessore Federica Seganti
– Ore 11.00 – presentazione e consegna del Prontuario di Speleologia e Natura
– Ore 11.00 – inaugurazione “anno speleologico” in occasione del 150° del Club Alpino Italiano
– Ore 11.10 – tavolo tecnico con il titolo“Il Carso fa scuola” presso il Salone Storico
– Ore 13.00 – rinfresco offerto dalla Federazione Speleologica Triestina
– Ore 14.00 – apertura della segreteria per informazioni e prenotazioni delle visite alle grotte
– Ore 15.30 – videoproiezione in 3D nel Salone Storico del Palazzo del Ferdinandeo
– Ore 17.30 – videoproiezione in 3D nel Salone Storico del Palazzo del Ferdinandeo
– Ore 19.00 – per finire la lez

venerdì 9 novembre
– Ore 09.30 – apertura degli “info point natura” presso l’adiacente tensostruttura (parco urbano Farneto)
– Ore 09.30 – apertura delle mostre fotografiche nella nuova sala esposizioni del comprensorio del MIB
– Ore 09.30 – videoproiezione in 3D nel Salone Storico del Palazzo del Ferdinandeo
– Ore 09.30 – proiezioni video dell’archivio dell’Associazione Monte Analogo nelle sale multimediali
– Ore 09.30 – prove di risalita su corda speleologica per ragazzi e simulazione di passaggi in grotta
– Ore 11.00 – videoproiezione in 3D nel Salone Storico del Palazzo del Ferdinandeo
– Ore 14.00 – apertura della segreteria per informazioni e prenotazioni delle visite alle grotte
– Ore 15.30 – videoproiezione in 3D nel Salone Storico del Palazzo del Ferdinandeo
– Ore 17.30 – videoproiezione in 3D nel Salone Storico del Palazzo del Ferdinandeo
– Ore 19.00 – per finire la lezione-proiezione “Il Carso dai tropici alle grotte” tenuta Thomas De Marchi
e Fulvio Forti (per tutti – ingresso libero)

Sabato 10 novembre
– Ore 09.30 – apertura degli “info point natura” presso l’adiacente tensostruttura (parco urbano Farneto)
– Ore 09.30 – apertura delle mostre fotografiche nella nuova sala esposizioni del comprensorio del MIB
– Ore 09.30 – videoproiezione in 3D nel Salone Storico del Palazzo del Ferdinandeo
– Ore 09.30 – proiezioni video dell’archivio dell’Associazione Monte Analogo nelle sale multimediali
– Ore 09.30 – prove di risalita su corda speleologica per ragazzi e simulazione di passaggi in grotta
– Ore 14.00 – apertura della segreteria per informazioni e prenotazioni delle visite alle grotte
– Ore 15.30 – videoproiezione in 3D nel Salone Storico del Palazzo del Ferdinandeo
– Ore 17.30 – videoproiezione in 3D nel Salone Storico del Palazzo del Ferdinandeo
– Ore 17.30 –“Gara di Risalita Speleo” in corda sulla distanza di 50 metri 
– Ore 20.30 – Festa Speleo 

Domenica 11 novembre
– Visite alle grotte
– Chiusura della manifestazione  

Si invitano gli insegnanti delle classi interessate a partecipare all’evento, a contattare la segreteria per idettagli organizzativi (orari, turni, ecc.) chiamando Giuliana (333 8389164) o Margherita (338 6416973)

Escursioni:
E ci sarà anche lo spazio per accogliere gli amici speleologi che arriveranno da fuori Trieste e a cui daremo  l’opportunità  di  partecipare  ad  escursioni  organizzate  per  poter  visitare  le  più  caratteristiche  ed affascinanti cavità del nostro Carso, tra le quali:
Grotta Valentina;  per assaporare l’esperienza della visita in uno scenario ipogeo fra i più belli del Carso triestino, in occasione della sua completa illuminazione con luce artificiale.
Abisso di Trebiciano;  questa grotta rappresenta simbolicamente la culla della moderna speleologia mondiale. Il fondo con il fiume sotterraneo Timavo fu qui raggiunto da A. F. Lindner nel 1841 con uno
scavo eccezionale che attraverso 270 metri di pozzi porta ad una gigantesca caverna sul fondo della quale scorre il fiume. La risalita lungo le scale metalliche richiede mediamente 45-55 minuti.
Grotta Noè;  Presso Aurisina, con un percorso a piedi di qualche decina di minuti, si apre un pozzo  spettacolare di 60 metri che porta ad una bellissima cavità. La discesa in corda vale da sola la visita. Fantastica la visione del pozzo dal fondo verso la superficie.– Grotta Impossibile; La costruzione della nuova viabilità ha consegnato agli speleologi una sorpresa
insospettabile: enormi gallerie portano ad una gigantesca caverna in prossimità del bordo del Carso, dove questo incontra la formazione del flysch. Per non interrompere la viabilità internazionale della galleria  e  per  ragioni  di  sicurezza  si  entra  in  questa  grotta  dall’apertura  artificiale  di  Basovizza (inizialmente attrezzata, poi discesa in corda di 30 metri sul cavernone finale).
Grotta Savi; Sulle alte pareti del versante destro della Val Rosandra si è aperta, dopo lunghi scavi, una cavità che stupirà gli amanti delle concrezioni e della bellezza in genere. Accessibile a tutti, sarà a disposizione di un numero limitato di visitatori, suddivisi a turno.
Grotta di Padriciano – 12VG;  dalle numerose sigle e date scritte in alcuni tratti della grotta si rileva che le prime ricognizioni risalgono agli inizi dell’800, ma si ignora quando venne raggiunto il fondo della cavità , che fu forse toccato da Lindner o Svetina attorno al 1839. La prima parte è visitabile anche dai “non addetti ai lavori”, mentre per arrivare sul fondo bisogna conoscere le tecniche di progressione su corda.
Grotta Arnaldo Germoni;  Si tratta di una cavità molto complessa ed imponente nella quale si può individuare un ramo principale che si sviluppa con vaste caverne intervallate da brevi salti, scivoli e gallerie; ad esso, si affianca un’estesa diramazione che conduce alla massima profondità della grotta (120m). La cavità è stata attrezzata con scale fisse in ferro e con cavi d’autoassicurazione.

Si raccomanda di prenotarsi con anticipo contattando Giuliana (+39 333 8389164) o Margherita (+39 338 6416973) per poter visitare le grotte interessate.


venerdì 2 novembre 2012

le "porte di ferro"

Una volta nel rione di San Giovanni circolava una leggenda, a proposito di una grande sorgente d'acqua sovrastante, che era stata chiusa con possenti chiuse d'acciaio per proteggere la zona da devastanti alluvioni.
Un riscontro  storico ce lo da padre Ireneo della Croce:



asseriscono come infallibile ed indubitato che nella Possessione de Signori Bonomi, situata sotto li Monti del Carso, vicino à quello di Starebrech, lontana tre miglia incirca dalla Città verso Levante, fatte dagli Antichi racchiuso l'adito ad un Fiumicello, che da quei Monti impetuosamente sboccava nell'accennata Valle, con triplicate Porte di ferro, framezzate di larghissime e fortissime Muraglie dall'una all'altra; l'ultima delle quali ectendevaii un pezzo dalle parti & indietro per ovviare alle rovine, e rotture, che l'Acqua precipitosa, e furibonda dal cader alto, apportava col suo coniò alla Valle. Prova di ciò è un forte muro fabbricato con Malta ritrovato anni sono ivi vicino dal Signor Canonico Di Giovanni Ustia nella sua Possesione posta sopra l'accennata de Signori Bonomi e contigua a Sassi del Carso mentre nel far scavare alcuni fossi da piantare le Viti fu scoperta dagli Operarj una Muraglia in forma di controscarpa che nel frangerla il vide Zampillare Acqua Onde timoroso ai qualche rovina fè subito rinchiuder il buco e riporre come prima la Terra 
Nel 1835 un tal Giovanni Mosetich ci lascia un'altra testimonianza:
Noi entrammo in un bucco tanto grande quanto occorre per il passaggio di un uomo, in linea dritta e senza discendere noi ci internammo nel monte, noi camminammo a passo a passo da circa un ora ove la via sotterranea forma un gomito, che gira verso levante, e la strada in questa situazione salire all'insù.
Tutta la strada interna si trova bagnata. E l'acqua cadeva da una parte e dall'altra formando dei canaletti laterali. Camminato da circa due ore il sussurro d'acqua si fece tanto grande, che non abbiamo potuto camminare più oltre."
C'è da dire che la "Civica Ispezione Edile" l'anno successivo non riuscì a ritrovare questa fantomatica galleria esplorata dal Mosetich... ma sappiamo bene come sia frequente che una grotta (o, in questo caso, una gelleria) possa decidere di "scomparire" per anni o decenni prima di lasciarsi riscoprire.

La zona è ricchissima di gallerie d'acqua, scavate nel corso del tempo negli strati arenacei proprio per raccogliere e convogliare l'acqua, con opere anche importanti (particolarmente imponenti quelle che costituiscono il capofonte dell'Acquedotto Teresiano), ma pare che questa galleria, come pure la sorgente delle "porte di ferro", magari nel frattempo prosciugatasi, sia stata proprio dimenticata... o magari invece è sempre lì, nascosta appena da un velo di terra in un cespuglio del bosco Marchesetti, che aspetta solo di essere riscoperta...

sabato 27 ottobre 2012

La leggenda del castelliere di Nivize

I resti del castelliere di Nivize sorgono su un colle isolato e suggestivo, oggi nascosto da una fitta boscaglia di roverelle, nel complesso delle alture del Monte Lanaro.
Nivize deriva da Njivize, "piccolo campo", ma il nome che la località aveva in passato era molto più evocativo (e significativo): Ajdovski Grad, "Castello dei pagani".

Secondo la leggenda, su questo colle si ergeva un tempo un maniero, covo di briganti che depredavano i viandanti lungo la strada.
I Conti di Duino reagirono alle rapine, cingendo d'assedio il castello dei briganti, che dopo un lungo assedio fu infine espugnato.
Tutti i difensori furono giustiziati, ed il castello raso al suolo, alla ricerca anche del tesoro accumulato dai briganti nelle loro ruberie. Di tale tesoro non si trovò traccia, e si ipotizzò che fosse stato nascosto in un profondo pozzo naturale, che si apriva all'interno del castello.
Ma nessuno ebbe il coraggio di calarsi in tale pozzo, sicura dimora del diavolo, e gli assedianti rimandarono quindi la ricerca del tesoro.
Però da allora il posto fu infestato dagli spiriti dei briganti, che anche dopo la loro morte difendevano il proprio tesoro, che quindi non fu mai più ritrovato...
Nel XIX secolo il parroco di Aurisina decise di por fine alla maledizione e, nel corso di più e più notti trascorse sul colle, praticò un vero e proprio esorcismo che, infine, ebbe ragione dei fantasmi che lo infestavano, che furono quindi scacciati.
A questo punto cominciarono sul colle le incursioni di anonimi cercatesori, che crivellarono il colle di scavi senza però mai trovare l'agognato tesoro dei briganti ma, al più, qualche coccio di terraglia...

Quel poco che sappiamo della realtà storica della zona è poco meno suggestivo della leggenda.
Quelli interpretati come le rovine del castello dei briganti sono in realtà i resti di un castelliere dell'età del bronzo, al cui interno di apre effettivamente una grotta ("Grotta sul castelliere di Nivize" - 4616VG) che cela più di un interrogativo.

Visualizza Castellieri del Carso in una mappa di dimensioni maggiori

L'ingresso è in parte ostruito da un macigno - il che la accumuna ad altre grotte grotte in prossimità o dentro la cinta di castellieri, quale ad es. la Grotta delle Mosche.


Il primo a scriverne fu Alberto Puschi, nel 1892:
in una piccola grotta di difficile accesso, che giace entro il recinto del castelliere di Nivize presso Repentabor, si rinvenne uno scheletro umano con appresso due bronzi mezzani di Alessandro Severo (222-235) con MARS ULTOR e di Giordano Pio (238-244) con VICTORIA AETERNA
Nel 1965 furono effettuati dalla Società Alpina delle Giulie degli scavi archeologici, nel corso dei quali furono compiuti dei lavori di disostruzione della grotta (come e perché era stata ostruita dopo l'esplorazione del Puschi?)
Durante tali lavori vennero rinvenuti in una nicchia una calotta cranica, un corno di cervo e vari frammenti di un vaso; mentre nel cono detritico alla base del pozzo di accesso furono rinvenuti i resti scheletrici di una ventina di individui, evidentemente gettati dall'alto. In entrambi i casi, i resti risalivano all'età del bronzo e del ferro, ma non venne effettuata nessuna analisi specifica sugli stessi per rispondere alle tante domande che un rinvenimento così singolare poneva: ad esempio, i corpi furono gettati nel pozzo tutti assieme, oppure in un arco di tempo più ampio, come nell'osservanza di un particolare rito di sepoltura.
E poi: quale fu la causa della morte di quegli individui? Si trattò di una sepoltura, di un sacrificio o dell'esecuzione di nemici?
Gli individui erano imparentati fra di loro?

Nel 1984 altri scavi archeologici furono compiuti dalla Associazione XXX Ottobre, che rinvenne questa volta soprattutto resti databili all'epoca romana: una moneta di Licinius Valerianus (253-260 d.C.), un  ago di bronzo, ed un misterioso manufatto: una pallina di terracotta con la superficie costellata di forellini, alla quale non si è riusciti ad assegnare alcuna funzione pratica e che quindi si ipotizza legata a qualche funzione magica.

Oggigiorno la zona è una delle più solitarie ed amene del Carso, degna meta di una bella passeggiata, durante la quale sarà ben difficile resistere alla suggestione creata da un tale intessersi di leggenda ed enigmi storici...

mercoledì 25 aprile 2012

riapre al pubblico la "Grotta delle Torri di Slivia"


A cura dell'azienda agricola Le Torri di Slivia, sarà nuovamente aperta al pubblico la "Grotta delle Torri di Slivia" (22/39VG), l'unica grotta "turistica" del Carso Triestino (oltre alla celeberrima "Grotta Gigante").

E dico "nuovamente" perché, anche se pochi se ne ricorderanno, questa grotta era già una grotta "turistica" aperta al pubblico negli anni '60.
All'epoca, quella che oggi è l'autostrada (che corre su un viadotto a poche decine di metri dalla grotta) era la più modesta "statale 202", molto meno trafficata, e dalla quale si accedeva direttamente al piazzale di parcheggio.
L'accesso naturale della grotta è costituito da un pozzo profondo 30 metri, ma per renderla accessibile all'epoca fu realizzato un altro accesso, adattando una galleria in pendenza che, per mezzo di una comoda scalinata, porta direttamente alla caverna principale.
Si tratta di una delle grotte più suggestive, che trae il suo nome dalle imponenti concrezioni delle sue pareti; ciò non fu all'epoca sufficiente a garantirne il successo e, dopo pochi anni di apertura al pubblico, il cancello venne definitivamente chiuso, e la grotta nuovamente resa disponibile solo agli speleologi attrezzati.
Auguriamoci che oggi l'iniziativa dell'azienda agricola Le Torri di Slivia possa avere maggior fortuna!

Riporto dal loro sito:

 PREZZI D'INGRESSO
Adulti€8,00
Bambini da 4 a 12 anni€6,00
Bambini fino a 3 anniGratuito

L'ingresso comprende: visita guidata con guida naturalistica o speleologica, trasporto con Agribus all'ingresso della grotta e ritorno, dotazione di caschetti protettivi con lampada.
Le visite sono divise in gruppi da 20 persone, per i gruppi è necessaria la prenotazione.
Il percorso prevede la discesa di 200 gradini e relativa risalita, ed è debolmente illuminato dall'impianto elettrico fisso per ragioni naturalistiche, pertanto, per ragioni di sicurezza, è obbligatorio indossare il caschetto con lampada da noi fornito.
Si consiglia di indossare scarpe antiscivolo, e ricordiamo che la visita non è adatta a persone diversamente abili.
ORARI

marzo, aprile, maggio, settembre, ottobresabato, domenica e festivi10.30-14.00-15.30
giugno, luglio, agostotutti i giorni10.30-14.00-15.30-17.00
gennaio, febbraio, novembre, dicembresabato, domenica e festivi10.30-14,00

Per le visite fuori orario e nei giorni di chiusura è possibile la visita su prenotazione.
Per chi voglia approfondire, segnalo la scheda completa del Catasto Grotte: http://www.catastogrotte.fvg.it/?TYPE=raw&TASK=scheda-light&id_cat=22&Slide=1


sabato 4 giugno 2011

viaggio attraverso le grotte del Carso

Le grotte presenti nel nostro Carso raccontano la terra e la sua storia, riconducono ai percorsi delle acque, ad una vita sotterranea ricca di suggestioni.
Su questi temi, il Gruppo Speleologico Monfalconese "Amici del Fante", in collaborazione con la SPI-CGIL Distretto Altipiano Carsico, AUSER-CISOTEL Altipiano Ovest e GRUPPO VOLONTARI Duino-Aurisina e Santacroce, organizza per MARTEDI 7 GIUGNO ore 18.00, presso la Casa della Pietra "Igor Gruden" di Aurisina l'incontro: VIAGGIO ATTRAVERSO LE GROTTE DEL CARSO: un incontro per avvicinarsi ad uno scenario straordinario di esplorazione e di ricerca.
Nel corso dell'incontro verrà proiettato un documentario sul carsismo.
Interverrà il presidente del Gruppo Speleologico Monfalconese "Amici del Fante" Giorgio Deiuri.

sabato 12 febbraio 2011

La Caverna del Cavalcante

I "cavalcanti" sono quegli uomini che, nella credenza popolare, entrano in connubio (e talvolta in intimità) con le streghe.
Alleandosi a queste, e partecipando anche ai loro riti e sabbah, acquisiscono anche il potere di cavalcare nell'aria: da ciò, il nome "cavalcanti".
I Cavalcanti si riconoscono perchè portano, impresso a fuoco sulla spalla sinistra, l'impronta di un ferro di cavallo.

Si narra che un tempo, in prossimità della Rocca di Monrupino, in una caverna detta appunto "del Cavalcante", viveva uno "strigo", uno stregone maligno.

Solo di giorno aveva forma umana: nessuno che lo abbia mai visto di notte è sopravvissuto tanto da descriverne le fattezze.
Di giorno si celava sotto un mantello nero ed un grosso cappellaccio dello stesso colore; ciononostante, gli spuntava dalla nuca un caratteristico codino di capelli, e dalla schiena sporgeva uno sperone d'osso, che il mantello riusciva solo malamente a nascondere.

Ma pare anche che portasse sulla spalla sinistra il caratteristico marchio a ferro di cavallo, impressogli dal diavolo stesso al momento della sua nascita.

Possiamo supporre (ma non c'è nessuna certezza) che la "Caverna del Cavalcante" sia quella nota oggi come la "Grotta sotto il Castelliere di Monrupino" (1973/4669 VG).
Questa grotta ha una storia affascinante, che rende verosimile l'ipotesi che si tratti proprio della "Caverna del Cavalcante".
Si trova nei pressi della strada che conduce alla Rocca di Monrupino, alla base del ripiano del castelliere, e nonostante fosse ostruita, la sua esistenza era ben nota ai vecchi del paese.
Dagli speleologi fu compiuto un faticoso lavoro di disostruzione per esplorarla, ma i risultati furono deludenti: si giunse solo ad un piccolo vano, di pochi metri.
E' ragionevole (o almeno affascinante) immaginare che, un tempo, sia stata proprio questa la dimora del Cavalcante; e magari alla sua morte venne ostruita dagli abitanti del villaggio, proprio per seppellire anche la memoria di questo essere malvagio.

mercoledì 9 giugno 2010

Visita e pulizia della grotta Bac

Dopo qualche giorno di forzata latitanza dal blog, inserisco solo un veloce post per segnalare una bella iniziativa: sabato 12 giugno 2010, ore 8.30, viene organizzata una visita ed un'operazione collettiva di pulizia della Grotta Bac.

Quando si dice che Trieste è la provincia più inquinata d'Italia non ci si riferisce solamente alle discariche di rifiuti tossico-nocivi sparse illegalmente su tutto il territorio e nel golfo, ma anche al degrado e all'abbandono in cui giacciono molti siti naturalistici. Purtroppo, per ragioni difficilmente determinabili, le amministrazioni locali e le autorità competenti non se ne curano, a danno non solo dell'ambiente ma dell'intera comunità che viene privata in questo modo del suo diritto a godere delle risorse naturali del posto.

Il gruppo Beppe Grillo Trieste e la lista civica Trieste 5 Stelle promuovono una giornata all'insegna della riscoperta di questi siti "sprecati", quale è la grotta Bac di Basovizza, posizionata a confine tra i comuni di Trieste e Dolina, divenuta nel tempo, in parte, una discarica abusiva di oggetti ingombranti.

La grotta, il cui primo rilievo risale al 1884, oltre all'ingresso a caverna che verrà utilizzato per asportare le immondizie, ha un altro ingresso rappresentato da un breve pozzo che giunge in un vano laterale. La maggior parte dei rifiuti si trova dopo aver superato il primo tratto della grotta, costituito da una spaziosa galleria in declivio, laddove si ha un brusco cambiamento di direzione, prima dell'apertura di una seconda caverna. La presenza di acqua nelle vicinanze del deposito di materiale metallico-elettronico induce a considerare potenzialmente dannoso anche per l'uomo l'inquinamento del sito.

L'invito, rivolto a tutte le associazioni, gruppi e privati cittadini, è quello di incontrarsi per ripulire la grotta e successivamente effettuare una visita al suo interno. L'appuntamento è per sabato 12 giugno, ore 8.30, presso la foiba di Basovizza muniti di guanti di plastica, sacchi per l'immondizia e un abbigliamento adeguato. La temperatura interna della grotta è di 13 gradi. E' prevista la presenza di numerosi bambini.

Per motivi organizzativi si raccomanda di segnalare la propria partecipazione sul MeetUp

venerdì 9 aprile 2010

il ripostiglio tardoromano del Monte San Primo

Per un archeologo, un "ripostiglio" è il parente povero di un tesoro.
Se il tesoro nascosto ce lo immaginiamo fatto di monete d'oro e pietre preziose, un ripostiglio è fatto di oggetti di uso quotidiano, o pezzi di metallo conservati per esser riutilizzati. Con il tesoro ha in comune la caratteristica di esser stato occultato, nascosto, sepolto... e poi dimenticato, probabilmente perchè chi lo fece non ebbe più l'occasione di recuperare i suoi oggetti.
Un ripostiglio del genere fu scoperto per caso agli inizi degli anni '80, nascosto tra le pietre di un muretto tra il monte San Paolo ed il monte San Primo, tra Prosecco e Santa Croce.
Era composto da materiali eterogenei:
  • una zappa, alcune asce, delle falci, delle roncole, un punteruolo, chiodi ed una fibula.
  • alcuni oggetti in bronzo: fibbie, placche, una placca da cinturone (decorata con disegni geometrici disposti a quadrifoglio e sormontata da due cani accucciati sovrapposti).
  • Quattro monete romane, due delle quali forate per esser usate come ornamento
  • due pezzi di piombo
  • dei pezzi informi di ferro
  • una cote di pietra, usata per affilare le lame.
Sull'origine di questo "tesoretto", è lecita ogni ipotesi ed ogni illazione; gli archeologi propendono per attribuire gli attrezzi ad un artigiano del legno che praticava anche l'agricoltura, e datano il tesoretto tra la fine del IV sec. e gli inizi del V sec.
Se vogliamo dare un possibile quadro storico, basterà ricordare che nel corso del 400 d.C. Alarico , re dei Visigoti, lasciò l'Epiro e passando da Aemona (l'odierna Lubiana), nel 401 d.C. arrivò in Italia, attraversando proprio questa zona...
Possiamo quindi immaginare un artigiano, magari un legionario veterano (il che spiegherebbe la fibbia di tipo militare), all'avvicinarsi dei temuti barbari invasori decise di occultare tutto ciò che aveva di prezioso... per lo più utensili e metalli grezzi – le cose più preziose, in un'economia di sussistenza.
Dopodichè, avvenne qualcosa, che gli impedì il recupero... ed i suoi utensili sono rimasti dimenticati sotto i sassi di quel muretto per quasi 1600 anni.
Lo scenario non è tanto fantastico, se consideriamo che a quello stesso periodo risale un altro tesoro della nostra zona, trovato nella grotta Alessandra (419/366 VG): due gruppi di monete, sepolte separatamente a poca distanza uno dall'altro.
Anche qui: non scopriremo mai chi è stato ad occultarle... ma possiamo solo immaginare la paura e lo stato d'animo di chi, all'avvicinarsi del nemico, cercava di salvare i propri averi; mentre il destino volle che non gli fosse più possibile recuperarli.

per approfondire:
Dante Cannarella, "Itinerari Carsici: da Contovello a Santa Croce", ed. Italo Svevo, Trieste 1990

giovedì 25 marzo 2010

Streghe, Orchi e Krivapete - reloaded

Lo scorso sabato 19 dicembre era prevista a Gorizia una tavola rotonda su "Streghe, Orchi e Krivapete - Le grotte tra miti e leggende" (che avevo anche annunciato sul blog).
Le condizioni meteo avevano poi portato all'annullamento della manifestazione ed il rinvio della stessa... a data da destinarsi (e, per quanto mi riguarda, è stata una fortuna... in quanto, indipendentemente dalle condizioni meteo, ero impossibilitato a partecipare).

Il "a data da destinarsi" è arrivato, e la Federazione Speleologica Isontina la ha fissata per il prossimo SABATO 24 APRILE, presso la Sala conferenze dei Musei Provinciali di Borgo Castello a Gorizia.
Non tutto il male viene per nuocere: nel frattempo, il programma si è arricchito ed è diventato ancor più interessante:

Per ricordare l’amico e studioso triestino EGIZIO FARAONE
LA FEDERAZIONE SPELEOLOGICA ISONTINA

Con il patrocinio della
PROVINCIA DI GORIZIA

ORGANIZZA

UNA GIORNATA DI STUDI DEDICATA
ALLE LEGGENDE LEGATE ALLE GROTTE DEL NOSTRO FRIULI
Programma:
Ore 9.30 - Saluto delle autorità e apertura dei lavori.
Ore 10.00 - Paolo Montina: Situazione degli studi sul folklore del mondo ipogeo negli ultimi anni.
Ore 10.30 - Pausa caffè
Ore 10.45- Anna Degenhardt: Simbologie magiche legate alle grotte e personaggi mitici delle tradizioni friulane.
Ore 11.15 - Franco Gherlizza: Miti e leggende ipogee del Friuli Venezia Giulia.
Ore 12.30 - Pausa pranzo.
Ore 14.00 - Maurizio Tavagnutti: Streghe, Krivapete e altri essere mitici delle grotte friulane.
Ore 14.30 - Franco Gherlizza: Comparazione con esseri fantastici, miti e leggende di altri Paesi.
Ore 15.00 - Pausa caffè.
Ore 15.15 - Adriano Vanin: Il “monte Amariana” nelle leggende carniche e dolomitiche.
Ore 15.45 - Roberto Iacovizzi: Sbilfs, folletti soprattutto carnici.
Ore 16.15 - Paolo Montina: Storia e leggenda della Grotta Doviza.
Ore 17.00 - Conclusione dei lavori.

Eventuali altri interventi non compresi nel presente programma, potranno essere presentati liberamente ed inseriti il giorno stesso (24/4) modificando la scaletta dei lavori.

IL MAGICO MONDO DELLE GROTTE
MITI E LEGGENDE DELLE GROTTE DEL NOSTRO FRIULI
I vari aspetti del fenomeno carsico - caverne, voragini, campi solcati, risorgenti - hanno sempre colpito la fantasia dell’uomo che vi collegava una volta presenze mitiche e soprannaturali.
Il progresso delle scienze e dei mezzi di informazione e soprattutto la scomparsa della chiusa società patriarcale per cui ogni borgo ed ogni vallata costituivano un universo a se stante, hanno contribuito nel nostro secolo alla distruzione di questo mondo di fiaba ora dolce, ora crudele, ma sempre poetico e spontaneo.
Questo processo irreversibile coinvolge con maggiore o minore velocità tutte le regioni italiane, non ultima quella friulana.
Anzi, in questa zona di confine, esso viene accelerato dalle conseguenze di due conflitti mondiali: spostamento di confini, migrazioni, ecc.
Per fortuna non mancano studiosi ed associazioni che hanno raccolto quanto resta del folklore friulano, e dalle pubblicazioni periodiche specializzate in materia abbiamo tratto una buona parte delle leggende che conosciamo e che andremmo ad illustrare in questa giornata di studi.

Per chi voglia confermare in anticipo la propria partecipazione, esiste anche una apposita pagina su Facebook.

domenica 31 gennaio 2010

la leggenda della Grotta Fioravante

La Grotta Fioravante (catasto 411/939VG) è una delle tante cavità scomparse o distrutte in questi ultimi decenni.
Si trovava nell'ex Parco dei Cervi dei Principi di Torre e Tasso, sul fianco di una dolinetta.
Alcuni scavi, condotti dal Moser, furono molto promettenti; tuttavia nel corso della prima guerra mondiale venne pesantemente modificata a scopi militari, ed al termine del conflitto era già pesantemente compromessa. Fu definitivamente distrutta negli anni '50, allorchè venne utilizzata come discarica dai militari del Governo Militare Alleato che occupavano il Castello di Duino; pare che ad un certo punto la volta crollò, e della grotta non rimase più traccia.

Al di là del suo interesse paleontologico (ahimé, non più verificabile), l'aspetto più curioso è quello del nome: Grotta Fioravante.
Si richiama all'eroe Fioravante, protagonista del romanzo medievale "I Reali di Francia", di Andrea da Barberino (più noto per esser l'autore de Il Guerrin Meschino). "I Reali di Francia" fu popolare per secoli, fino al XIX secolo.
L'eroe Fioravante venne rinchiuso dal re saraceno Balante in una prigione sotterranea. Ma con l'aiuto di Drusolina, figlia del re Balante, Fioravante riuscì a fuggire e, attraverso un sotterraneo lungo cinque miglia, a raggiungere il suo castello di Monfalcone.
Durante la fuga nel sotterraneo, a metà strada Fioravante trovò una statua bronzea di Carlo Magno che impugnava una spada, destinata al miglior cavaliere, e Fioravante ovviamente se ne impossessò.
Fu facile per il popolino identificare il vecchio castello di Duino con quello del re Balante, il castello di Monfalcone con l'omonima rocca, e la prigione di Fioravante con quella misteriosa grotta... che si guadagnò così il prestigioso nome.
Secondo la leggenda la favolosa spada di Fioravante è adesso sepolta sotto il vecchio castello di Duino; generazioni di cercatori di tesori non sono riusciti però a trovarla, come pure infruttuosa è stata la ricerca della galleria che collegherebbe Duino con Monfalcone.

Per chi volesse, "I Reali di Francia" è disponibile liberamente sul sito Liberliber.

mercoledì 23 dicembre 2009

il Mitreo di Duino

In prossimità di Duino si trova l'unico tempio mitriaico ipogeo rinvenuto in Europa, e probabilmente si tratta anche di uno dei più integri e completi.
Si trova in una caverna (catasto 1255/4204 VG  ) che venne scoperta nel 1965 da alcuni speleologi della Commissione Grotte Eugenio Boegan.
All’epoca era quasi completamente ostruita da detriti e pietrame; e poiché nei primi lavori di disostruzione furono rinvenuti dei frammenti di lapidi ed altro materiale di epoca romana, fu immediatamente allertata la Sovrintendenza.
Nel corso degli scavi successivamente eseguiti, oltre ai frammenti di lapidi e steli furono scoperti un ricco complesso di monete che andava dal II al IV secolo, lucerne e vasetti di ceramica nord-italica, frammenti di anfore, di tegole e tavelle.
L’insieme dei reperti permise di determinare che si trattava di un tempietto ipogeo dedicato al Dio Mitra, completo di un’ara sacrificale e di due panche longitudinali in pietra, oltre ad una serie di altre are e steli.
Furono realizzati dei calchi delle steli e delle are votive, ed il tempietto fu in parte ricostruito; oggi è quindi visitabile, sia pur con qualche difficoltà…
Trattandosi di un unicum storico e archeologico, ci si aspetterebbe una certa valorizzazione dello stesso, anche turistica… se invece volete visitarlo, armatevi di scarponi e gambe in spalla!
Per raggiungerlo: partendo dal parcheggio dell’ex mobilificio Arcobaleno, si segue un sentiero che si addentra per pochi metri, per sfociare in una larga carrareccia che seguiremo sulla sinistra.
Proseguiremo sulla carrareccia fino a raggiungere la linea ferroviaria, e poi costeggiandola e superando un ex casello (oggi trasformato in abitazione privata), e seguendo ancora per un po' a fianco della linea ferroviaria, fino a dove la carrareccia svolterà decisamente a destra per infilarsi in un sottopasso ferroviario.
Proprio in questo punto, osservando attentamente, troveremo un sentiero sulla sinistra (in realtà, poco più di una traccia) che, dopo poche decine di metri, ci porterà all’ingresso della recinzione che delimita il mitreo.

Visualizza Carso segreto in una mappa di dimensioni maggiori

Il tempio venne realizzato probabilmente nella seconda metà del I secolo d.C., e fu frequentato fino al IV secolo allorquando, con la diffusione del cristianesimo, in seguito agli Editti di Teodosio del 391 d.C. tutti i culti pagani furono banditi e si verificarono ovunque episodi di danneggiamento o distruzione degli antichi templi. E’ a quest’epoca quindi che possiamo far risalire la devastazione del mitreo, con un autodafé are e steli furono infrante e la grotta venne colmata di detriti…

Il tempio originario era un po’ diverso da come ci si presenta l’attuale, pur ottima, ricostruzione. La volta della grotta era più chiusa (in parte fu fatta brillare durante i lavori di sgombero, in quanto pericolante; in tal modo fu allargato l’accesso e tutta la cavità fu resa più luminosa). Inoltre, all’interno della grotta si trovava originariamente una piccola costruzione, con un tetto in coppi a due falde che copriva l’altare e le due panche.

Il culto di Mitra, o Mitraismo, ebbe la sua origine in medio oriente, e a partire dal I secolo d.C.
Si diffuse nell’impero romano per opera di legionari e mercanti (non è quindi un caso che in tale zona fosse attestata la XIII legione “Gemina”, di origine appunto orientale); tale diffusione avvenne quindi contemporaneamente (ed in “concorrenza”) al cristianesimo, e fu da quest’ultimo perseguitato.
Tuttavia, il cristianesimo deve molto al mitraismo: moltissimi rituali cristiani sono, in realtà, retaggi del mitraismo, successivamente sincretizzati nel cristianesimo.
I mitrei si trovavano quindi quasi esclusivamente in prossimità di grandi città portuali e di luoghi di guarigione.

Era un culto di tipo misterico, ovvero riservato ad iniziati, di sesso maschile, e che avevano superato delle prove (oggidì, non ci è dato di sapere in cosa consistessero queste prove).
Quindi, abbiamo poche e frammentarie informazioni sul culto e la sua ritualità – e queste poche informazioni ci arrivano dalle critiche degli antichi scrittori cristiani, o interpretando le steli rinvenute nei mitrei.
La celebrazione avveniva in ambienti sotterranei, artificiali o, più raramente, naturali; nel rituale avevano parte alcuni animali e personaggi che rappresentavano anche i sette gradi degli iniziati: il corvo (corax), un essere misterioso (gryphus), il soldato (miles), il leone (leo), il persiano (perses), il messaggero del sole (heliodromos) e infine il pater.
Nel Mitraismo l'acqua svolgeva un ruolo purificatorio importante, e spesso i mitrei sorgevano in prossimità di una sorgente naturale o artificiale - e poco distante dal mitreo di Duino troviamo le Foci del Timavo..
I mitrei erano diffusi in tutto l'impero romano; e tutt'oggi, resti di mitrei in muratura sono visibili a Roma, Napoli ed Ostia; tuttavia, come già detto, il mitreo di Duino è l'unico ricavato in una cavità ipogea. 


La stele principale, sulla quale compare la dedica:
D(eo) I(nvicto) M (Mithrae) AV (lus) TULLIVS PAVMNIANVS PRO SAL (ute) ET FRATER SVOR (um) TVLLI SECUNDI ET TVLLI SEVERINI
“All’invitto Dio Mitra Tullio Paumniano offre per la salvezza sua e dei suoi fratelli Tullio Secondo e Tullio Severino”
Oltre alla dedica, si possono individuare sul bassorilievo i seguenti elementi: il Sole, la Luna, Cautes con la fiaccola abbassata, Cautopates con fiaccola alzata, Mitra con il berretto frigio, il toro sacrificato con la coda terminante in spiga, lo scorpione, il serpente, il corvo, la roccia della grotta e gli Offerenti


L'interno del Mitreo ricostruito
In fondo, la stele principale; al fianco, le due panche in pietra su cui sedevano gli officianti; al centro, la "roccia della grotta" che fungeva da altare.

Per approfondire:
  • Dante Cannarella: "Guida del Carso triestino – Preistoria – Storia – Natura", Edizioni Italo Svevo – Trieste 1975
  • Dante Cannarella, in “Atti della Società per la Preistoria e Protostoria” della Regione Friuli Venezia Giulia vol. III, Arti Grafiche Pacini Mariotti – Pisa 1979
  • Donata Degrassi, "Le strade di Aquileia – Nuovi itinerari tra Friuli e Golfo Adriatico", Libreria Editrice Goriziana - Gorizia 2000

sabato 19 dicembre 2009

la leggenda della Grotta del Diavolo Zoppo

Fino a tempi non troppo remoti esisteva in prossimità delle foci del Timavo una grotta, detta “del Diavolo Zoppo” (catasto 39/225VG ), alle falde del colle detto “Monte Sant’Antonio”.
Era piccolina (lunga 34 metri, profonda 9) e, dopo la prima guerra mondiale, una cava a servizio di un cementificio si “mangiò” tutto il Monte Sant’Antonio e, con esso, la “Grotta del Diàul Zot”.
L’aspetto più interessante di questa grotta è costituito dalle leggende che si sono formate attorno ad essa.
Lo stesso nome deriva da una suggestiva leggenda, raccolta da Giacomo Pocar:

...in tempi remotissimi sul monticello di Sant’Antonio, quand’esso era ancora un’isola, vi fu la continuazione di una grande guerra incominciata in terraferma.
Quand’era sulle mosse per partire col suo tesoro, una freccia nemica lo colpì ed il guerriero cadde moribondo al suolo.
Vedendosi prossimo a morire, testò le sue ricchezze a favore dei poveri, pensando così di placare l’ira di Dio che tremenda gli sovrastava, per punirlo delle ruberie e degli assassini commessi.
Appena morto quel tristo, ecco comparire presso il cadavere un angelo sfolgorante di luce ed un orribile demonio. Il primo sosteneva che, in base al testamento del defunto, il tesoro apparteneva ai poveri e ch’egli era incaricato della distribuzione; l’altro intendeva che quelle ricchezze fossero roba sua, perché,carpite con saccheggi ed uccisioni.
Dalle parole vennero ai fatti, e dopo un’accanita lotta, vinse il demonio.
Ma questi, nella fretta di fuggire, tutto fuori di sé per la riportata vittoria,correndo precipitò in questa grotta trascinandosi dietro il cassone, che gli si rovesciò addosso rompendogli una gamba.
Il demonio divenne quindi zoppo, e da ciò ”la grotta del Diavolo Zoppo”
Per questo accidente non potè proseguire il viaggio fino all’inferno e dovette decidersi a fermar qui la sua dimora, se voleva custodire il tesoro.

Quando ci sono voci del genere, si sa, i ricercatori di tesori si scatenano…
Ma fu una ricerca che giocò brutti scherzi ai novelli Indiana Jones.
Pare infatti che intorno al 1730 quattro villici, accompagnati da un oste della zona, si avventurarono nella grotta, con la speranza di arricchirsi...
E fosse suggestione, fosse il volo di uccelli notturni o pipistrelli che nella grotta avevano trovato rifugio, i cinque malcapitati subirono un gravissimo spavento… tant’è che quattro di loro, nei giorni successivi, morirono per causa oscura.
Stessa misteriosa sorte toccò, poco tempo dopo, a due preti che, in compagnia di una donna, tentarono la medesima impresa.
Nel suo "Ragguaglio geografico storico del territorio di Monfalcone", pubblicato a Udine nel 1741, lo storico  Basilio Asquini ci racconta:

... è fama, che in questa grotta da più secoli stia nascosto un tesoro, dall’avidità di posseder il quale spinti quattro Carsolini, che colà erano stati mandati ad appianare la prossima già mentovata strada, uniti ad Antonio Sborzo Oste de’Bagni, deliberarono di introdursi in detta Grotta, e di non uscirvi, che molto ricchi.
Munitosi perciò ciascuno di loro di una torcia a vento, di quelle, che sogliono i contadini adoperare in quelle parti, chiamate da loro Falle, animosamente un dopo l’altro calarono nella medesima.
Internatisi alquanto in essa sentirono eccitarsi un grandissimo strepitio, che non di poco terrore fu loro cagione.
Tuttavia fattisi tra se coraggio, avvanzonsi ancora alcuni passi; ma venutili incontro alcuni grandi uccelli, li quali essi presero per Diavoli alati che coll’ale smorzarono loro le torcie, e che contro i medesimi grandi strida gittarono; senza più inoltrarsi, risolsero, come fecero, di ritornarsene addietro. Lo spavento, che per ciò concepirono, talmente loro nacque, che posti tutti cinque a letto, i quattro Carsolini in termine di pochi giorni tutti morirono, e l’Oste se non dopo una lunga infermità potè ristabilirsi in salute.
Ciò saputo avendo due Preti, i cui nomi stimiamo ben fatto tacere, giovani, e molto animosi, stimolati anch’essi dalla stessa fame dell’oro, che fa parere ogni pericolo picciolo, ed ogni fatica leggiera; figurandosi forse di avere più coraggio de’ prefati Carsolini, vollero anch’essi tentare di questo tesoro l’acquisto.
Scieltasi adunque una notte molto burrascosa, ed oscura per non essere veduti da’ Veneti , da’ quali temevano dover essi venire sturbati, per esser Arciducali, si posero in cammino in questa Grotta insieme con una donna, che conducevano seco, acciochè servisse al trasporto dell’ambita ricchezza.
Giunti, che furono col beneficio di una lanterna accesa, che ognuna di loro portava, scesero in quella: ed aggiratisi per vari seni della medesima, alla fine giunsero ad un passo stretto, frammentato da un pezzo di macigno, che una colonna sembrava.
Mentre preparavansi un dietro l’altro passarlo, si fe loro incontro un grande uccello, il quale avventateli contro col rostro, ed artigli, e strettamente gracchiando gli empi’ di tali orrori, e spavento, che potendosi appena reggere in piedi sen’unscironoo da quella Spelonca.
Ritornati a casa molto languidi, e mesti, si posero anch’essi a letto, e nello spazio di pochi giorni, tutti e tre parimenti sen passarono all’altra vita.
Dopo questi non si sa, che ad altri sia venuto il prurito di andare in cerca di questo tesoro…

Nel 1890 alcuni notabili di Monfalcone intrapresero un’accurata esplorazione, e la grotta fu frugata invano in ogni dove: nessun tesoro fu trovato. In compenso, furono rinvenuti un teschio ed altri frammenti ossei, coperti da grosse incrostazioni calcaree, e quindi evidentemente antichi. Forse anche la vista di queste ossa aveva contribuito a spaventare a morte i primi esploratori….

Il Kandler, quando la esplorò, commentò laconicamente:

Io stetti lungamente fra quei stalattiti, che hanno invero forme da scaldare l’immaginazione.
Ma il Diavolo non c’era, o si finse assente, e gli lasciai la mia carta…

martedì 1 dicembre 2009

Streghe, Orchi e Krivapete - Le grotte tra miti e leggende

Sono passate poche ore dal mio post sullo Škrat, e quasi per caso ho scoperto su Scintilena di un interessante convegno, organizzato per sabato 19 dicembre dalla Federazione Speleologica Isontina: una tavola rotonda sulle leggende legate alle grotte del Friuli Venezia Giulia.
La tavola rotonda si intitolerà: Streghe, Orchi e Krivapete - Le grotte tra miti e leggende. Si svolgerà presso la Sala Consigliare della Provincia di Gorizia - Corso Italia, 55 a Gorizia a partire dalle ore 9.00.

PROGRAMMA:
Ore 9.00 - Saluto delle autorità e apertura dei lavori
Ore 9.30 - Paolo Montina Situazione degli studi sul folklore del mondo ipogeo negli ultimi anni.
Ore 10.00 - Pausa caffè.
Ore 10.30 - Anna Degenhardt - Simbologie magiche legate alle grotte e personaggi mitici delle tradizioni friulane.
Ore 11.30 - Franco Gherlizza - Miti e leggende ipogee del Friuli Venezia Giulia.
Ore 12.30 - Pausa pranzo.
Ore 14.00 - Maurizio Tavagnutti - Streghe, Krivapete e altri esseri mitici delle grotte friulane.
Ore 15.00 - Franco Gherlizza - Comparazione con esseri fantastici, miti e leggende di altri paesi.
Ore 16.00 - Proiezione del filmato “Malifice”.
Ore 17.00 - Conclusione dei lavori.

(fonte: Scintilena)

lunedì 30 novembre 2009

Lo Škrat

Sembra che molte grotte del Carso abbiano un curioso abitante: lo "Škrat".
E' uno gnomo burlone, vestito con una giacca verde ed un berretto rosso a punta.
Per mangiare, si serve di una scodella di coccio. E per questo motivo non bisogna mai buttare sassi nelle grotte: se, disgraziatamente, si dovesse colpire la scodella dello Škrat, questo si adirerà, e rapirà il colpevole, del quale non si saprà mai più nulla.
Se invece si lancia un sasso in una grotta e non se ne sente il tonfo, è perchè lo Škrat lo ha raccolto al volo.

Lo Škrat è molto vicino ad analoghe figure mitologiche presenti in Austria e nella Germania meridionale, dal nome quasi identico: Schrat, Schraz, Schrate. Ma anche in Polonia (Skrzat), Norvegia, Repubblica Ceca... ed appartiene a quella vasta schiera di folletti-spiriti della natura, presenti in tutta Europa, spesso legati al mondo sotterraneo, in cui troviamo anche i Lepricauni, i Coboldi, i Troll, i Goblin, gli Gnomi...

Se si vuole far la conoscenza di qualche esponente di questa numerosa famiglia, non occorre andar quindi molto lontani: basta scegliere la grotta giusta, tra le tante a disposizione in Carso...
Un indizio della presenza dello Škrat?
E' un burlone, ed uno dei suoi scherzi preferiti è quello di spegnere la lanterna degli incauti esploratori delle grotte. Se ad uno speleologo capita che si spenga la lampada a carburo... attenzione! Nei pressi potrebbe esserci uno Škrat che se la sta ridendo!

mercoledì 16 settembre 2009

Le bombe a mano (racconto)

Il Carso è terra di uomini, e quindi è anche terra di Storie.
E vi sono Storie grandi e Storie piccole; e quelle che si tramandano, e magari si studiano a scuola, sono le Storie grandi; ma per ogni Storia grande ci sono cento, mille piccole Storie; e non è detto che non valgano la pena di esser raccontate.
Questa è una piccola Storia. E, come tutte le piccole Storie (ma anche qualcuna delle grandi) è nata, è corsa di bocca in bocca, ed è sopravvissuta solo nella memoria di qualcuno. Quindi, non sappiamo se è andata proprio così... ma potrebbe, e tanto ci basta.

Negli anni '60 e '70 il Carso era molto frequentato da piccoli gruppi di speleologi (o “grottisti”, come amavano definirsi): esperti, meno esperti, giovani cani sciolti, esploravano e riesploravano grotte note, si arrampicavano alla ricerca di rami nascosti, scavavano e si infilavano in stretti budelli alla ricerca di nuove cavità. Raramente muniti di attrezzature adeguate, quasi sempre dotati di attrezzi artigianali (se non addirittura improvvisati), quello che animava quei giovani era lo spirito dei pionieri. Ed erano tanti che, armati di corda e lampada a carburo, riscoprivano così il fascino dell'avventura alle porte di casa.
Un'estate accadde che un gruppo di giovani speleologi, esplorando una grotta nei dintorni di Aurisina, fece una scoperta in quegli anni invero abbastanza frequente: vi trovò due bombe a mano, residuati bellici; si trattava di bombe a mano tedesche, le “Stielhandgranate”, ma comunemente chiamate “schiacciapatate” per il caratteristico manico in legno.
Possiamo immaginare l'eccitazione che tale scoperta causò nei giovani: chi avrebbe voluto portarsele a casa, chi suggeriva di provare a tirarle “per vedere se funzionavano ancora” (e perché non avrebbero dovuto? Erano in ottime condizioni...), chi nasconderle nuovamente, quasi fossero un piccolo tesoro...
Ma quelli erano ancora gli anni in cui, ogni primavera, venivano affissi tristissimi manifesti, che ritraevano bambini orrendamente mutilati, e che ammonivano a non toccare i residuati bellici. Quindi il ragazzo più grande della compagnia (forse solo un po' meno incosciente degli altri), prese la decisione più saggia: avvertire i carabinieri.
Gli altri ragazzi si dileguarono alla chetichella; lui invece si avviò di buon passo alla caserma dei carabinieri di Aurisina, che distava pochi chilometri. (Eh si: anche se parliamo di poco più di trent'anni fa, all'epoca il mezzo più diffuso per muoversi in Carso erano ancora i piedi; ed una passeggiata di pochi chilometri non spaventava nessuno).
Giuntovi, si presentò al militare di guardia, spiegandogli di aver rinvenuto due bombe a mano in una grotta nelle vicinanze.
Il militare lo accompagnò in una stanza, ove sedette ad una scrivania, rovistò in un cassetto, e vi estrasse la carta topografica della zona, che dispiegò cerimoniosamente sul tavolo.
Dunque, lei avrebbe trovato due bombe a mano in una grotta... e dove sarebbe questa grotta?
Il ragazzo si chinò sulla carta per studiarla, e quindi indicò un punto:
Ecco, vicino a questo incrocio parte un sentiero... seguendolo, dopo questa curva bisogna superare un muretto, e nella seconda dolina si trova la grotta...
Il militare guardò la mappa poco convinto:
Ma lì non è segnata nessuna grotta!
E grazie! Se pensa di trovare sulla sua carta tutte le grotte del Carso, stiamo freschi! Sono più di duemila, ed a segnarle tutte sulla sua mappa ne verrebbe fuori una macchia unica! Lì ne trova segnate poche, solo le più importanti...
Il militare lo guardò di sottecchi, infastidito dalla lezione non richiesta.
Ed in questa grotta allora ci sarebbero due bombe a mano...
Ah no, non più” - lo interruppe il ragazzo - “le bombe a mano sono qui!
E così dicendo le estrasse dal tascapane, e le posò al centro del tavolo, proprio sopra la carta topografica.
Il militare strabuzzò gli occhi, sorpreso e spaventato, e si buttò istintivamente all'indietro. Ma così facendo perse l'equilibrio e, mulinando le braccia cercando di riguadagnarlo, si afferrò alla mappa. Un attimo dopo era a terra assieme alla sedia, alla carta e ad una delle due bombe...
L'ufficiale che accorse, richiamato dal frastuono (oltre che dalle imprecazioni urlate dal militare), si divertì molto alle spiegazioni dell'accaduto, e congedò il ragazzo con una risata ed una stretta di mano.
Le bombe a mano, infine, furono fatte brillare dagli artificieri parecchio tempo dopo, assieme ad altri residuati rinvenuti sul Carso nel frattempo.
Molte altre, purtroppo, non fecero la stessa fine; ed in alcuni casi resero reali le immagini da incubo dei manifesti che ammonivano: “NON RACCOGLIETELE!

domenica 6 settembre 2009

grotte perdute del Carso triestino

La mia affermazione che in Carso vi sarebbero diverse "grotte perdute" (ovvero scoperte, rilevate ed accatastate, e mai più ritrovate) ha suscitato un po' di curiosità...

Ed effettivamente perdere una grotta non è proprio come perdere gli occhiali o le chiavi, e spesso si tratta di storie curiose...

Comincio dalla già citata 172/VG887 - Grotta nera di Prepotto
Fu scoperta nel 1892 da Andrea Perko che (dopo la scoperta delle sepolture nella vicina caverna Moser), cominciò una serie di esplorazioni sistematiche della zona alla ricerca di altre grotte di interesse archeologico.
Secondo le indicazioni del Perko, la Grotta Nera si trovava circa ad un chilometro dalla Grotta Noè (23/90VG) e che tra questa e la Grotta Nera si apriva la Caverna Moser (476/1096VG).
La grotta fu descritta come una lunga galleria ricca di formazioni calcitiche cristalline e di bacini d'acqua, che terminava con un corridoio ascendente impraticabile, dal quale, al tempo delle esplorazioni, usciva una forte corrente d'aria. L'imbocco era situato sul lato Ovest di una piccola dolina ed aveva la forma di un ferro da stiro, con una lunghezza di 1.7m.
Dopo la prima guerra mondiale, non si riuscì più a trovare tale cavità, nonostante generazioni di speleologi abbiano meticolosamente battuto la zona, alla ricerca dei più piccoli indizi...
Le ipotesi sono tante.
La più probabile è che, nel corso della prima guerra mondiale, sia stata adattata a rifugio dagli austro-ungarici. Magari l'ingresso è stato modificato e cementato e, al termine del conflitto, deliberatamente ostruito.
Un'altra ipotesi è quella dell'errore macroscopico nel rilievo della posizione; la grotta quindi, ancorchè perduta, si troverebbe ben lontana dalla posizione indicata dal Perko.
Un'altra ipotesi (ma sconfiniamo nella leggenda) vuole che sia stata usata come nascondiglio dai partigiani durante la seconda guerra mondiale, e fatta quindi saltare per cause belliche...

Un'altra interessante "grotta perduta" è la VG2287 - Abisso III di Gropada
Esplorato nel 1924 dalla XXX Ottobre, rilevato da Cesare Prez, e da allora scomparso.
L'aspetto curioso è che, nel corso delle ricerche di questa "grotta perduta" Federico Deponte, nel 2004, rinvenne un'altra cavità di tutto rispetto, battezzata "Abisso IV di Gropada" (7067/6364VG)

680 / VG3732 - Grotta a Nord Est di Ceroglie
E' una piccola grotta (complessivamente 12 m di sviluppo), descritta semplicemente come un piccolo pozzo, dalle pareti irregolari, che sbocca in una breve galleria, addattata a ricovero militare durante la prima guerra mondiale.
Possiamo tranquillamente applicare anche a questa le leggende della "Grotta Nera" che la vollero rifugio di partigiani, occlusa per cause belliche...

Vi sono poi molte cavità minori che, probabilmente, non sono ancora state dichiarate "perdute" solo perchè nessuno si è preso ancora la briga di cercarle... ad esempio, sembra introvabile la GROTTA PRESSO AURISINA (745/3912VG).
Sembra che, da svariati anni, nessuno sia riuscito a trovarla... men che meno io. Volete provare voi?

venerdì 4 settembre 2009

Cose ignote ha il paese natale anche a chi lo crede più noto

Questa citazione di Silvio Benco è diventata un po’ il motto di questo blog.
Infatti uno degli aspetti più sorprendenti del Carso è la possibilità che, a pochi passi dal sentiero che ci è familiare, si celi qualcosa di sconosciuto ed inaspettato. Spesso basta fare pochi passi per trovare grotte, o testimonianze storiche più o meno antiche, tracce degli animali più vari, curiosità botaniche,… l’importante è avere il coraggio di abbandonare il sentiero (1), e sviluppare un certo “naso” per decidere dove abbandonarlo… e anche, perché no, un certo “occhio” per saper individuare quanto vi è di interessante in mezzo alla mimetizzazione naturale della vegetazione. E avere, ovviamente, anche un pizzico di fortuna.
E se può esser facilissimo scoprire qualcosa per caso, può rivelarsi impossibile o quasi cercare qualcosa di specifico, senza avere indicazioni più che precise su cosa e dove cercare… a qualsiasi speleologo sarà capitato di perdere intere giornate a ricercare una certa grotta, pur avendo indicazioni precise su dove cercarla… e poi magari rinunciarci. Per tornarci poi con la guida di qualche amico che, solo per esserci già stato, lo condurrà a colpo sicuro, mostrandogli l’ingresso subito dietro a quel certo cespuglio già inutilmente ispezionato il giorno prima…
Ci sono storie di grotte scoperte (anche un secolo fa), rilevate, iscritte al catasto… e mai più ritrovate.
Ad esempio, la "Grotta Nera di Prepotto" (172/887 VG) fu scoperta e rilevata nel 1892. Era anche di notevoli dimensioni (92 metri di sviluppo e 27 di profondità), l'ingresso ben descritto, ben descritta la dolina in cui si trovava... cionondimeno, fu probabilmente ostruita durante la prima guerra mondiale, e nessuno da allora fu capace di ritrovarla, nonostante generazioni di speleologi abbiano battuto la zona palmo a palmo...
Vi è una leggenda, che vorrebbe ci sia un carro armato tedesco della seconda guerra mondiale, abbandonato in mezzo alla vegetazione in uno dei valloni dietro al Faro della Vittoria… Sarà vero? Io personalmente non l’ho mai trovato, ma ho battuto la zona e, data la vegetazione (più folta che non una jungla vietnamita), potrebbero essercene anche 10, di carri armati…
Un esempio valido a questo proposito è il segnale fisso di mira del monte Gurca: quante volte mi è capitato di passarne a pochi metri di distanza, senza accorgermi della sua presenza?
Ma anche Dante Cannarella, ad esempio, scriveva nel 1975 nella sua “Guida del Carso Triestino”:
Mi si dice che alle falde del Monte Lanaro, vicino al poligono di tiro, ci sia un’altra dolina-laghetto; ma io non sono riuscito a trovarla: chi sa che non riusciate a trovarla voi! E’ proprio questo il divertimento.
Ebbene, questo stagno, invano cercato da Cannarella, io lo trovai quasi subito… ma non me ne faccio assolutamente un vanto, perché accadde per puro caso; e potrei citare altre dozzine di casi in cui invece (nonostante le indicazioni più o meno precise) mi è capitato di non trovare quanto cercato… Ovviamente adesso che so dov’è questo stagno, arrivarci è semplicissimo (e spero che Cannarella, negli ultimi trent’anni, abbia trovato qualcuno capace di condurcelo…)
(Siete curiosi di sapere dove sia questo stagno, e non avete voglia di cercarvelo? Vabbeh, se proprio volete rovinarvi il divertimento, è qui:

Visualizza Carso segreto in una mappa di dimensioni maggiori

(1) Il sentiero va abbandonato ovviamente con la dovuta prudenza: oltre a svariate centinaia di grotte, foibe ed inghiottitoi (nessuno dei quali transennato o segnalato), il terreno carsico è disseminato di innumerevoli buche, trincee e “bocche di lupo” – ottimamente celate, spesso, dalla vegetazione. Sorprendentemente, gli incidenti causati da tutte queste asperità sono stati pochissimi… a memoria d’uomo, non si ricorda ad esempio nessuna caduta accidentale di escursionisti in foibe o abissi. Per cortesia, cerchiamo di conservare tale tradizione…

mercoledì 13 maggio 2009

scuola di fai-da-te preistorico

Vi segnalo una bella iniziativa, che si terrà i giorni 22-26 maggio presso la Grotta Nera (Basovizza). La manifestazione, organizzata dal Gruppo Speleologico San Giusto e dal Dipartimento di Scienze Archeologiche dell'Università di Pisa, è un laboratorio didattico-sperimentale sulle tecniche artigianali preistoriche; ovvero, attraverso un rigoroso studio archeologico, verrnno illustrata, e fatte provare dal vivo, le tecniche di produzione dei manufatti utilizzati dagli uomini preistorici nei periodi del Paleolitico inferiore - medio, Mesolitico e Neolitico.
Si tratta di un esempio di quella che viene definita "archeologia sperimentale" (e che, tutto sommato, è un ottimo modo per rendere interessante l'altrimenti noiosissimo studio della storia...)

E' disponibile on-line il volantino illustrativo dell'iniziativa (completo di mappa per chi non sappia dov'è la Grotta Nera).

Il programma completo della manifestazione è il seguente:

Venerdì 22 maggio 2009
  • Ore 10.00 - presso il Centro Didattico Naturalistico (via Gruden, 34 Basovizza)
    Presentazione della manifestazione
    Saluto delle autorità intervenute
    Introduzione all’incontro
  • Ore 11.30 - Trasferimento al Centro di Educazione Ambientale “Eliseo Osvualdini” Bosco Bazzoni.
    Visita alla struttura didattica e ai siti dimostrativi con le autorità e gli intervenuti.
  • Ore 12.00 - Coffee break offerto dal Gruppo Speleologico San Giusto

Sabato 23 maggio 2009
  • Dalle ore 09.00 alle 13.00 visite riservate alle scuole
  • Dalle ore 15.00 alle 18.00 la struttura è aperta dal pubblico

Domenica 24 maggio 2009
  • Dalle ore 10.00 alle 12.00 e dalle ore 14.00 alle 17.00 la struttura è aperta al pubblico
Lunedì 25 maggio 2009
  • Dalle ore 09.00 alle 13.00 visite riservate alle scuole
  • Dalle ore 15.00 alle 18.00 la struttura è aperta al pubblico
Martedì 26 maggio 2009
  • Dalle ore 09.00 alle 13.00 visite riservate alle scuole