Visualizzazione post con etichetta tesori. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta tesori. Mostra tutti i post

lunedì 17 giugno 2013

il tesoro della Grotta delle Monete di Erpelle/Hrpelje

Nell'ottobre del 1921 nella grotta successivamente accatastata al numero 557, fu trovato il più classico dei tesori: alcune pentole conservavano oltre cinquemila monete, perlopiù d'argento e poche d'oro.
Il tesoro risaliva probabilmente agli inizi del 1400, perché comprendeva monete d'oro dei dogi Lorenzo Celsi, Marco Corner, Andrea Contarini e Antonio Venier. Le monete d'argento erano invece grossi, soldini e piccoli della Repubblica di Venezia, denari dei Patriarcati d'Aquileia, della zecca padovana dei Carraresi e di Luigi I d'Angiò, re di Ungheria, e risalgono a tempi che vanno dalla seconda metà del secolo XIV agli inizi del XV.
L'annuncio del ritrovamento fu dato dal prof. Sticotti, direttore del Museo Civico di Storia ed Arte di Trieste, presso il quale le monete furono portate (e dove presumibilmente si trovano tutt'oggi).
La grotta si trova a sud-ovest di Erpelle (precisamente: "m. 1190 O + 24° S da Erpelle"), ai margini di una dolina; non l'ho visitata ma l'esplorazione (una volta superato il primo pozzo di 3 metri) non dovrebbe essere particolarmente impegnativa.
In prossimità della stessa si trova una tabella turistica che ricorda il fatto.

Bibliografia: "Duemila Grotte", pag. 284

rilievo originale della Grotta delle Monete del 1921

lunedì 4 marzo 2013

la dolina celtica di Basovizza

La cosiddetta "dolina celtica" di Basovizza è non solo uno dei luoghi più affascinanti del Carso, ma anche uno dei più misteriosi; tanto da aver generato un vero florilegio di ipotesi sulla sua origine, ed una suggestiva leggenda.

La si trova nel bosco, a sinistra della strada sterrata che da Basovizza conduce a Sesana:


Visualizza Carso segreto in una mappa di dimensioni maggiori

La dolina, profonda circa 6 metri, ha una forma triangolare; lungo il lato sud un muro massiccio sostiene un ripiano artificiale, sotto il quale si apre una cavità, una cameretta circolare, a cui si accede per un corridoio con il soffitto di grandi lastre calcaree
Gli altri due lati della dolina sono costituiti da gradoni, costituiti da massi megalitici e con un riempimento caotico di pietrame. I gradoni verso nord-est sono meglio conservati, mentre gli altri (forse incompiuti) sono parzialmente crollati.
Un'altra stanza ipogea, dotata di due piccole finestre e con il soffitto a falsa cupola, si trova lungo una delle gradinate.
Un elemento curioso sono una serie di rozze steli, parzialmente scolpite: sorta di piccoli menhir, originariamente distribuiti lungo tutti i gradoni e sul ripiano artificiale; oggi molti sono crollati ed altri purtroppo, nel corso del tempo asportati. La sommità di queste steli è a forcella, come a servire da sostegno per una balaustra.
Fino agli inizi del '900 tutta la costruzione era circondata da un massiccio muro di pietra, dotato di un unico ingresso. Questo muro fu demolito per ricavarne materiale per le dighe foranee del Punto Franco Nuovo.
Certamente non si tratta di una delle normali doline, spietrate ed attrezzate con gradoni a fini agricoli: non pare che la dolina sia mai stata coltivata, e le ridotte dimensioni non avrebbero mai giustificato un tale lavoro (alcuni dei massi impiegati nella costruzione pesano più di 2 tonnellate!)
Saggi di scavi archeologici non hanno fornito risultati significativi: nell'ipogeo inferiore sono stati trovati alcuni cocci romani e protostorici, la cui origine non è però determinabile con certezza.
Questa costruzione viene citata per la prima volta nel 1630, in un documento (1) relativo alle confinazioni tra il territorio di Trieste e la contea di Schwarzenegg di Benvenuto Petazzi; tra i riferimenti di confine, viene citata una "vale o Dolina nella quale dicessi già stato un Cortile dei Misteri."
Quindi, già allora l'origine e la finalità di tale costruzione erano sconosciute... anche se il nome "Cortile dei Misteri" potrebbe darci un indizio.
Come prevedibile, una ridda di ipotesi sono state formulate per spiegare l'origine di questo complesso; andrò  qui ad elencarle sinteticamente, senza preoccuparmi di confutarle (anche perché, date le premesse, anche la più inverosimile di tali ipotesi è comunque legittima).

Tempio celtico al dio Cernunnos

Vi è chi vi vede un tempio celtico dedicato al dio celtico Cernunnos (in questa zona dal IV sec. a.C. erano insediati i Carni, una tribù di lingua e cultura celtica); effettivamente l'ipogeo sarebbe abbastanza simile alle tombe dolmeniche, se non fosse per la copertura a volta...

Tribunale celtico

Vi è chi, sempre rifacendosi alla cultura celtica, vi ha riconosciuto un tribunale; lascio che questa teoria venga esposta da Sergio in questo bel filmato, che presenta la "dolina celtica" nella suggestione invernale:



Sede dei Bogomili

E' detta anche "Dolina dei Bogomili", per delle similitudini architettoniche con siti archeologici della Bosnia-Erzegovina riconducibili all'eresia bogomila.
Il Bogomilismo fu una setta eretica cristiana, che nacque nel X secolo come derivazione dalla setta affine dei pauliciani; si sviluppò nel XIII secolo anche in Serbia e Bosnia, e successivamente influenzò la nascita del movimento dei catari.
Sono molto labili gli indizi che potrebbero legare questo dolina al bogomilismo; però non è inverosimile ipotizzare che, nella migrazione dalla Bosnia verso l'Occitania, un gruppo di Bogomili si sia fermato nelle nostre zone...

Teatro Istriota

La struttura della costruzione ricorda proprio quella di un teatro; inoltre nei pressi si trovava un serraglio, luogo di mercato del bestiame, e quindi tradizionale punto d'incontro.
Poiché questa teoria non riuscirebbe a dare una collocazione precisa nel tempo all'edificazione di questo teatro, e poiché lo stesso sembra del tutto alieno alla popolazione autoctona slovena, fu attribuito a genti istriane, che sarebbero giunte periodicamente nel luogo proprio per i commerci di bestiame.
Io peraltro osservo che l'ipotesi che si tratti d un teatro è suffragata anche dal nome "Cortile dei Misteri" attribuitogli nel 1630.  Infatti a partire dal XV sec. il "mistero" era una rappresentazione del teatro popolare a carattere religioso.

La leggenda di Sterpacevo

Secondo una leggenda, tutto il complesso fu eretto in pochi mesi da un contadino dalla forza erculea, per nascondere il tesoro del suo padrone.
Si tratta di una bellissima leggenda, che mi riservo di narrare con più dovizia di dettagli in un prossimo post.


Postazione di artiglieria austro-ungarica

Citerò per ultima l'ipotesi più inverosimile; e poiché, nella sua inverosimiglianza, è contemporaneamente anche quella formulata dalla fonte più autorevole, è l'unica che mi prenderò la briga di confutare.
Alla fine degli anni '70 la locale Sovrintendenza liquidò la costruzione classificandola come postazione di artiglieria dell'esercito Austro-Ungarico, costruita nel 1915 per iniziativa di un capitano ungherese, che avrebbe fatto trasportare il materiale necessario  fin dalle cave di Monrupino.
Perché inverosimile? Per diversi motivi...
Intanto, anche a non voler prestar fede al documento del 1630, esistono testimonianze della sua esistenza già nei primissimi anni del '900 (ricordo che il muro circostante proprio in quegli anni fu demolito per recuperare il materiale per la costruzione delle dighe foranee); quindi, non può esser stata costruita nel 1915.
Poi perché, con quella forma, non avrebbe potuto essere che una postazione per un mortaio di grosso calibro. La costruzione di queste postazioni non era casuale, ma dettata da ben rigorosi principi ingegneristici; di postazioni del genere ce ne sono diverse lungo le pendici dell'Hermada, alcune molto ben conservate; e chiunque si prenda la briga di confrontarle, non potrà non rendersi conto che sono del tutto differenti.
Intanto mancano alcune strutture indispensabili ad una postazione di artiglieria (ad esempio, il bunker con l'ingresso a meandro per proteggere i serventi durante lo sparo).
Poi, per la costruzione di queste postazioni veniva sempre fatto un certo uso di calcestruzzo - magari limitato (era un prodotto costoso e di limitata di disponibilità), ma ad esempio nelle file superiori dei conci veniva usato sempre, per solidarizzarli maggiormente. Il calcestruzzo è invece del tutto assente a Basovizza.
Non si comprende poi perché avrebbero dovuto far arrivare fin da Monrupino rocce di quella dimensione, quando il medesimo risultato si sarebbe potuto ottenere con pietrame di pezzatura ben inferiore (come peraltro, sempre dagli austro-ungarici, è stato fatto proprio alle pendici dell'Hermada).  
Pare mancare poi la rampa di accesso, indispensabile per porre in batteria un pezzo di artiglieria di grosso calibro.
Appare quindi veramente strano che la Sovrintendenza abbia voluto far propria un'ipotesi così bizzarra.


Per approfondire:
  • Dante Cannarella, "Leggende del Carso Triestino", Ed. Italo Svevo, Trieste 2004
  • Dario Marini, "Leggende, dicerie, miti e misteri del Carso", Gruppo Speleologico Flondar, Duino-Aurisina 2004
Note:

(1) - " Laudo per confini fra Trieste e Schwarzenegg", 1632







martedì 8 maggio 2012

il tesoro della grotta del Pettirosso

La grotta del Pettirosso (148/260VG) si trova in una delle doline più suggestive del Carso; con le pareti strapiombanti, folta di vegetazione, vi si accede solo attraverso un unico, comodo sentiero.
E' una zona straordinariamente amena e silenziosa. La superstrada corre in alto, a pochi metri di distanza, e cionostante i rumori vi giungono attutiti e distanti, mentre tutto sembra ispirare una tranquilla serenità.
E' comprensibile che questa caverna, con il relativamente ampio terreno coltivabile antistante sul fondo della dolina, sia servita da rifugio per l'uomo dalle epoche più remote.
Allorché Karl Moser la esplorò per la prima volta, nel 1892, vi rinvenne una rozza costruzione a forma di ferro di cavallo, che dedusse trattarsi di un ricovero o di un pozzo che raccoglieva l'acqua dallo stillicidio ed una enorme piastra calacarea, sotto la quale giaceva lo scheletro di un giovane, in seguito studiato dal Wirchow.
Durante gli scavi, vennero poi rinvenuti frammenti d'osso incisi, un pesce ricavato da un corno di cervo, ceramiche appartenenti alla cultura di Vucedol ed alcuni vasi del neolitico.
Successivi scavi condotti nel 1972 dal prof. Stacul nella dolina antistante produssero svariati reperti dell'età del ferro.
Altri scavi condootti invece dalla Soprintendenza all'interno della caverna diedero risultati abbastanza deludenti, permettendo di recuperare pochi reperti del neolitico e del mesolitico: il terreno era oramai sconvolto da numerosi scavi abusivi.

Ma a cosa fu dovuto questo accanimento degli scavatori abusivi?
Forse il loro obiettivo non furono i reperti archeologici; circolava infatti la voce che, all'epoca delle guerre francesi, in quella grotta fosse stata nascosta una barra d'oro, una croce pure d'oro e parecchie armi.
Furono quindi probailmente i cercatesori (che, sarei pronto a scommettere, rimasero comunque a becco asciutto) a devastare la grotta con i loro scavi, e non gli archeologi abusivi (anche se, tuttavia, probabilmente diedero anch'essi successivamente il loro contributo...)

Per approfondire:
I BAGOLARI (CELTIS AUSTRALIS) DEL DR. L. KARL MOSER NELLA GROTTA DEL PETTIROSSO (1 48/260 VG) PRESSO AURISINA

venerdì 9 aprile 2010

il ripostiglio tardoromano del Monte San Primo

Per un archeologo, un "ripostiglio" è il parente povero di un tesoro.
Se il tesoro nascosto ce lo immaginiamo fatto di monete d'oro e pietre preziose, un ripostiglio è fatto di oggetti di uso quotidiano, o pezzi di metallo conservati per esser riutilizzati. Con il tesoro ha in comune la caratteristica di esser stato occultato, nascosto, sepolto... e poi dimenticato, probabilmente perchè chi lo fece non ebbe più l'occasione di recuperare i suoi oggetti.
Un ripostiglio del genere fu scoperto per caso agli inizi degli anni '80, nascosto tra le pietre di un muretto tra il monte San Paolo ed il monte San Primo, tra Prosecco e Santa Croce.
Era composto da materiali eterogenei:
  • una zappa, alcune asce, delle falci, delle roncole, un punteruolo, chiodi ed una fibula.
  • alcuni oggetti in bronzo: fibbie, placche, una placca da cinturone (decorata con disegni geometrici disposti a quadrifoglio e sormontata da due cani accucciati sovrapposti).
  • Quattro monete romane, due delle quali forate per esser usate come ornamento
  • due pezzi di piombo
  • dei pezzi informi di ferro
  • una cote di pietra, usata per affilare le lame.
Sull'origine di questo "tesoretto", è lecita ogni ipotesi ed ogni illazione; gli archeologi propendono per attribuire gli attrezzi ad un artigiano del legno che praticava anche l'agricoltura, e datano il tesoretto tra la fine del IV sec. e gli inizi del V sec.
Se vogliamo dare un possibile quadro storico, basterà ricordare che nel corso del 400 d.C. Alarico , re dei Visigoti, lasciò l'Epiro e passando da Aemona (l'odierna Lubiana), nel 401 d.C. arrivò in Italia, attraversando proprio questa zona...
Possiamo quindi immaginare un artigiano, magari un legionario veterano (il che spiegherebbe la fibbia di tipo militare), all'avvicinarsi dei temuti barbari invasori decise di occultare tutto ciò che aveva di prezioso... per lo più utensili e metalli grezzi – le cose più preziose, in un'economia di sussistenza.
Dopodichè, avvenne qualcosa, che gli impedì il recupero... ed i suoi utensili sono rimasti dimenticati sotto i sassi di quel muretto per quasi 1600 anni.
Lo scenario non è tanto fantastico, se consideriamo che a quello stesso periodo risale un altro tesoro della nostra zona, trovato nella grotta Alessandra (419/366 VG): due gruppi di monete, sepolte separatamente a poca distanza uno dall'altro.
Anche qui: non scopriremo mai chi è stato ad occultarle... ma possiamo solo immaginare la paura e lo stato d'animo di chi, all'avvicinarsi del nemico, cercava di salvare i propri averi; mentre il destino volle che non gli fosse più possibile recuperarli.

per approfondire:
Dante Cannarella, "Itinerari Carsici: da Contovello a Santa Croce", ed. Italo Svevo, Trieste 1990